Patrimoni abbandonati e partecipazione pressoché nulla. Gli architetti riminesi non ci vanno leggeri con le critiche: sono queste, infatti, le decise stoccate che l’Ordine degli Architetti della provincia di Rimini, attraverso le parole del presidente Roberto Ricci, ha rifilato in chiusura di “Riuso del Moderno”, l’evento dedicato alla sensibilizzazione della cultura del recupero del patrimonio legato all’Architettura moderna del nostro territorio.
Critiche dure, finalizzate a stimolare una serie di riflessioni sulla gestione del patrimonio immobiliare e sulla pianificazione del territorio, in un contesto che, secondo gli architetti, vede un’Amministrazione riminese tanto aperta al confronto sulle idee quanto restìa al coinvolgimento dei professionisti in fase di realizzazione dei progetti.
Presidente Ricci, nelle sue riflessioni ha messo in luce dei temi importanti. Il primo: ha parlato di partecipazione scarsa o pressoché nulla. A cosa si riferisce?
“Mi riferisco al fatto che a Rimini siamo in una situazione di generale chiusura per quanto riguarda il coinvolgimento degli architetti nelle fasi di realizzazione dei progetti. E non è una critica solo mia, ma della generalità degli architetti del territorio. O meglio, c’è apertura dal punto di vista dell’ascolto di idee, visioni e suggestioni, ma ci si ferma solo al primo step”.
In che senso?
“Guardando al recente passato, a Rimini abbiamo avuto l’importante esperienza del Piano Strategico, approvato all’unanimità nel 2007 dal consiglio comunale e da quello provinciale. Un Piano che ha avuto una grande partecipazione da parte della cittadinanza, dell’associazionismo e degli operatori economici.
Grazie a quella esperienza si sono potute raccogliere tante idee e visioni, sulle quali progettare la città e il territorio: l’ultima Amministrazione di Rimini ha portato avanti con forza lo strumento del Piano Strategico e ha declinato tutte queste idee e visioni proposte dai riminesi in norme, per farle diventare realtà.
E riconosciamo tutti i meriti per aver portato avanti questo percorso. Il problema, però, è un altro, e nasce nel momento dell’attuazione di quelle norme, quando quelle visioni devono essere tradotte in progetti concreti: la partecipazione non può fermarsi alla prima fase, quella delle idee, ma deve continuare anche dopo, quando quelle idee devono essere realizzate, coinvolgendo gli architetti. Ed è proprio questo che non avviene”.
Come andrebbero coinvolti gli architetti?
“Con lo strumento che ha proprio quello scopo: il concorso di progettazione. Uno strumento che è ampiamente utilizzato da tutti i Paesi europei di una certa rilevanza, come la Francia, la Germania o la Spagna, per gestire e pianificare l’urbanistica di un territorio.
In ambito europeo è la norma: non si fanno opere pubbliche senza concorsi di progettazione, mentre a Rimini, ad oggi, questa modalità è sistematicamente ignorata. Sia chiaro, a Rimini sono state realizzate tante cose, e questo non va negato. Ma la critica è sulle modalità, su come sono state realizzate: se si fossero utilizzati tutti gli strumenti a disposizione, come appunto i concorsi, saremmo potuti arrivare a risultati più condivisi.
E invece troppo spesso si preferiscono altre logiche all’interno di quattro mura”.
Secondo lei, dunque, perché a Rimini non si fanno concorsi di progettazione?
“È proprio qui il problema. A questa domanda si sente spesso rispondere che con i concorsi si perde tempo, o si perdono i finanziamenti, ma francamente mi sembrano tutte balle. Quindi, perché non si fanno? Sinceramente non so cosa rispondere, anche perché funzionano, vengono fatti in tutta Italia e all’estero, sono esperienze che tante amministrazioni, di ogni schieramento politico, vogliono replicare. Un motivo ci sarà”.
Qual è il rapporto, oggi, tra gli architetti di Rimini e l’amministrazione comunale su questo tema?
“Noi stimoliamo, perché non siamo politici. Stimoliamo riflessioni su quelle che secondo noi sono opportunità, cercando di sollecitare l’attenzione su temi che riteniamo importanti. Sollecitazioni che a volte sono ascoltate mentre altre, come nel caso del tema dei concorsi, assolutamente no. Ad oggi questi stimoli non sono minimamente tenuti in considerazione, e noi non possiamo che lamentare questa situazione”.
Un altro tema sollevato è quello dell’abbandono del patrimonio urbanistico. Qual è la situazione?
“Pensiamo alle Colonie, che rappresentano un caso emblematico. Le Colonie sarebbero perfette per i concorsi di progettazione, con i quali capire quale possa essere il progetto migliore per riqualificarle, non solo come edifici ma come zone del territorio. E invece succede che fra Marina di Ravenna e Cattolica ci sono 250 colonie, per 1,8 milioni di metri cubi, che sono sostanzialmente allo sfascio”.
Solo ombre? O ci sono degli esempi virtuosi nel nostro territorio?
“Due su tutti. Il Comune di Riccione, che per la nuova scuola Panoramica ha proceduto con un concorso di progettazione, così come l’amministrazione di Cesenatico, che ha usato la stessa modalità per alcuni interventi alla scuola di via Torino. Due amministrazioni di colore opposto, ma che hanno capito l’utilità di questo strumento.
Con risultati importanti: solo a Riccione sono pervenuti 189 progetti, poi ridotti a 5 in fase finale e, al progetto vincitore, è stato contestualmente appaltato il lavoro, in linea con quanto avviene a livello europeo. Il tutto in meno di un anno, 250 giorni circa. Uno strumento importante, rapido e che funziona; per questo ci rammarica sottolineare che, quando abbiamo incontrato le amministrazioni in una giornata a loro dedicata, molti Comuni della zona si sono presentati, ma altri, a noi più vicini, erano assenti. E questo, a mio parere, la dice molto lunga”.