L’Apocalisse è un libro misterioso, il cui nome suscita già paure e sospetti nel cuore e nella mente del lettore. Egli pensa spontaneamente a segni tragici di distruzione, fino al termine definitivo dell’umanità, sancito dal giudizio impietoso e terribile di Dio. Per un meccanismo di difesa il lettore moderno tende a considerare questo genere di scrittura come frutto di un’immaginazione letteraria arcaica, che difficilmente potrebbe conciliarsi con una mentalità contemporanea. In tal modo si evita una lettura attenta, che permetterebbe di scorgere ben altro.
Apocalisse non significa forse fine del mondo? La visione del mondo che vi soggiace non è quella di chi, non avendo la nostra concezione del tempo plasmata dalla scienza, riteneva imminente il ritorno di Gesù e la fine della storia?
Apocalisse non significa affatto “fine del mondo” ma “rivelazione”. Il sostantivo è costruito su un verbo greco, apokalypto, che si potrebbe tradurre con i verbi “svelare”, “rivelare”, o con la perifrasi “portare alla luce ciò che è nascosto”. Inoltre questo termine non è usato solo per il libro dell’Apocalisse, che conclude il Nuovo Testamento, ma anche per tanti altri libri, antichi e moderni, che appartengono al genere letterario definito “apocalittico”.
Per rimanere all’interno del canone, si può citare il libro di Daniele, che pur facendo parte della raccolta profetica nella traduzione della LXX, in realtà appartiene al genere letterario apocalittico. Ciò che lo contraddistingue non è solo il fatto di collocare le proprie descrizioni alla fine della storia, ma anche di esprimere, attraverso particolari simbolismi, una rivelazione che porta a compimento il giudizio e la misericordia di Dio nella storia del popolo ebraico e del mondo.
Lei ha parlato di simbolismi. In effetti la difficoltà di lettura dell’Apocalisse è proprio dovuta al carattere spesso impenetrabile di molte sue simbologie. Come fare per addentrarsi in questo testo così impegnativo?
Certamente i simboli vanno colti all’interno della narrazione, per il ruolo che essi vi svolgono, e di conseguenza devono essere decodificati con le chiavi giuste, che utilizzano spesso le comparazioni con altri testi biblici. Come già per il Vangelo di Giovanni, anche per l’Apocalisse il segno simbolico non è costituito da un miracolo portentoso e spettacolare, ma da un’immagine che, pur generando stupore e meraviglia, chiede di essere decodificata perché rimanda ad un significato nascosto. Importante è non la coerenza logica, ma il potere evocativo del simbolo.
Ad esempio in Apocalisse 12 troviamo un segno importante, quello della donna vestita di sole (12,1). Il segno è “nel cielo”, soglia del territorio di Dio, ed è costituito da una donna vestita di sole. Il sole è associato alla Legge e alla Parola di Dio che attraversa la creazione: esso infatti “esce come sposo dalla stanza nuziale, grida di gioia come un guerriero attraversa il cosmo da un capo all’altro e nulla si sottrae al suo calore” (Sal 19,5-6). La donna è poi avvolta da questo sole, nella sua qualità di sposa, dal momento che in Ap 1,16 il volto del figlio dell’uomo è un sole che splende in tutta la sua forza. Questa donna è avvolta dall’esperienza del risorto e dalla potenza della sua parola.
La donna ha la luna sotto i piedi ed ha una corona in capo di dodici stelle. Come interpretarli?
La luna sotto i piedi indica il dominio della donna sul calendario lunare, dunque sul tempo. La sua forma ha un carattere di eternità, che oltrepassa la storia. Non a caso la corona indica una gara portata a termine felicemente, ossia attesta che la donna ha raggiunto la meta e il traguardo. Le dodici stelle si riferiscono alle dodici tribù di Israele o ai dodici apostoli dell’Agnello.
Si tratta di luci minori rispetto al sole, ma che hanno uno spazio essenziale nel cielo e rappresentano il popolo di Dio in cammino, come testimonianza storica della morte-resurrezione del Cristo. Non sono i trasmettitori principali, perché hanno una funzione subordinata rispetto al sole, ma la loro presenza è irrinunciabile. La donna dunque irradia la luce del sole che è Cristo e fa comparire le stelle che sono gli Apostoli e tutto il popolo di Dio: questa descrizione si adatta bene al mistero della Chiesa.
Il drago che cerca invano di divorare la donna e il bambino e non ci riesce come lo si può interpretare?
Il segno del drago rosso (Ap 12,3) si colloca nella sfera della trascendenza, perché accade nel cielo. Il rosso fa riferimento all’ambito demoniaco e infernale. La bestia ha sette teste, numero che indica la totalità. Dal momento che la testa è la radice della vitalità e dell’animazione, allora potremmo dire quasi che esprime la totalità massima di energia distruttiva, come tutto l’arsenale nucleare delle potenze umane. Secondo la felice espressione dell’esegeta U. Vanni, la bestia, pur provenendo dalla sfera trascendente, indica il “sistema terrestre”, pronto a contrapporsi violentemente al “sistema di Cristo”. Ci si chiede come le dieci corna siano poi distribuite sulle sette teste.
Anche questa simbologia, apparentemente contraddittoria, ha il suo significato: il numero dieci indica una quantità ed estensione di potere notevole ma circoscritto. Dunque la vitalità e la forza aggressiva sono spaventose ma il suo potere è limitato. Il diadema regale è poi una fascia ornamentale usata da sovrani ellenistici e romani. Questo significa che la virulenza delle sette teste si esprimerà attraverso la violenza e il potere dei re umani. La bestia getta verso la terra un terzo delle stelle del cielo: è il tentativo folle di deturpare il progetto di Dio, portando a sé la creazione di Dio e opponendola al suo creatore.
A questo punto la donna dà alla luce un figlio (Ap 12,4-5), destinato ad essere pastore e re universale, con un’allusione al Sal 2: “chiedi a me, ti darò in eredità le genti e in tuo possesso i confini della terra, le pascerai con verga di ferro, come vasi di argilla le frantumerai” (v. 8). Si tratta di un potere messianico superiore a quello dei re della terra e dunque della bestia. Non a caso il tentativo del drago fallisce, perché il bambino è rapito verso Dio, accanto al suo trono, ossia al governo universale di Dio. La donna poi fugge nel deserto (Ap 12,6): è il luogo del cammino, con oasi e momenti di distensione, ma anche nella fatica, per 1260 giorni ossia tre anni e mezzo, tempo della parzialità e della precarietà, in attesa della piena manifestazione di una vittoria già ottenuta.
Se la vittoria è già ottenuta, allora questa visione del c. 12 non è negativa, ma molto positiva!
Certamente e ciò vale per tutto il libro! Il veggente è infatti già sicuro della vittoria e si prepara alla battaglia finale attraverso alcuni segni, come la donna, il drago rosso, e poi la serie dei sette angeli (15,1) con in mano le sette coppe dell’ira di Dio. La menzione dell’ira di Dio non deve ingannare. Si apre qui un settenario, quello delle coppe, che porterà alla fine del sistema del male, con la definitiva instaurazione dall’alto della Gerusalemme celeste.
Davide Arcangeli