Anche Rimini ormai non è più immune al fenomeno delle “morti dimenticate”: gli anziani che non hanno familiari che possano prendersi cura di loro e che perdono la vita nel più assoluto silenzio, in casa, senza che nessuno se ne accorga. L’allarme scatta dopo settimane, a volte mesi, da parte dei vicini.
Ma c’è anche una solitudine fatta di rapporti quotidiani mancati. Le cronache degli ultimi giorni ci raccontano un fatto che diventa emblematico: “ Pronto, carabinieri? Mi sento sola. Voglio solo chiacchierare un po’”. Ricoverata in ospedale a Novafeltria, una signora 74enne ha chiamato il 112. Dopo aver chiacchierato con lei, l’operatore ha avvisato la pattuglia, che lo stesso giorno si è recata a farle visita.
Ce ne sono tanti così. Lo denunciano in questi giorni i sacerdoti e operatori pastorali che stanno facendo la visita pasquale alle famiglie. Si chiamano Gino, Antonio, Maria… Nelle loro case, quando squilla il telefono o suona il campanello, è festa grande.
Festeggiano perché qualcuno li cerca. Ricercano un incontro, magari fanno due chiacchiere con il ragazzo di colore, venditore ambulante, oppure si attardano con la cassiera del supermercato. Ma a volte si chiudono in se stessi e in casa. La perdita del compagno/a, la salute, il calo dell’autostima e il rischio di finire emarginati socialmente possono causare una grande perdita di attaccamento alla vita. La sensazione di non essere più utili né dal punto di vista lavorativo né da quello affettivo può deteriorare non solo la salute ma anche il benessere psicologico dell’anziano, che rischia di percepirsi come un peso sia a livello economico sia emotivo per la famiglia a cui appartiene. Le conseguenze di questo abbandono possono portare il soggetto a depressione, isolamento e altri problemi psicologici.
Un altro rischio è l’auto-abbandono, una criticità sempre più diffusa. Vuol dire pian piano lasciare ogni pratica di igiene personale, non pagare le bollette, non mantenere la pulizia e l’ordine in casa, non procurarsi o prepararsi il cibo, non ricercare cure mediche per i sintomi potenzialmente gravi, non attenersi alle prescrizioni o non assumere i farmaci… Ci sono tantissime situazioni, ognuna diversa dall’altra. E anche le condizioni più piccole di disagio diventano drammaticamente importanti. Tra gli anziani c’è ancora voglia di vita e di relazioni. Purtroppo spesso chi è completamente solo vive la tv come unico conforto. O, nelle situazioni peggiori, si butta sulle ludopatie, sull’abuso di farmaci e di alcool. Occorrerebbe promuovere reti di prossimità e di aiuto specie per chi vive solo, con contatti di teleassistenza o di consulto telefonico, di consulenza psicologica, attraverso sportelli di prossimità ma anche riattivando centri anziani di socializzazione, chiusi per il covid e non più riaperti. Papa Francesco parlando ai bambini ha detto: “ Dobbiamo visitare i nonni, andare a trovarli”. Poi l’invito: “ Non dobbiamo lasciare abbandonati i nonni. I nonni ci hanno dato la vita, ci hanno trasmesso la storia. I nonni sono grandi”. Educhiamo dunque i bambini, ma l’offerta di impegno è valida anche per gli adulti, che dovrebbero mettere questo tema fra le urgenze del vivere insieme.