Chiedessimo ad un bambino cosa pensa di Dio padre, con ogni probabilità produrremmo in quel piccolo imbarazzo e silenzio. Non riuscirebbe ad offrire una definizione perché di quel “padre” lì ancora non ha conoscenza ed esperienza.
Forse la parola amici può aiutare a stabilire un tipo diverso di relazione. Sicuramente è una parola che più abita il mondo dei bambini. Per questo l’Ufficio Catechistico Diocesano ha intitolato il XXX convegno diocesano “Si può essere amici di Dio?”. L’appuntamento è al Teatro Tarkovskij di Rimini, domenica 26 gennaio, dalle ore 15.
Sul tema dell’amicizia con Dio, interverranno due relatori d’eccezione. Fr. Ludwig Monti è un biblista molto apprezzato, monaco di Bose: a lui il compito di rinvenire “Le caratteristiche dell’amicizia di Dio nell’Antico e nel Nuovo Testamento”. Il compito di “tradurre” l’amicizia in personaggi veri e conosciuti, spetterà a Suor Alessandra Fabbri, delle Suore Francescane della Sacra Famiglia: “Gli amici di Dio che hanno seguito la strada di San Francesco e Santa Chiara”. Il coordinamento è affidato a don Daniele Giunchi, direttore dell’UCD, mentre le conclusioni spettano al Vescovo di Rimini.
Don Giunchi, perché questo tema dell’amicizia in ordine alla catechesi?
“Dio padre è un orizzonte ancora poco praticato dai bambini. L’amicizia è invece un sentimento che meglio conoscono.
La parola amicizia però oggi, anche per ’merito’ dei social, è molto abusata e spesso la utilizziamo ma poi concretamente non sappiamo darle né valore né un volto.
Fr Monti ci aiuterà a rintracciare nella Bibbia chi sono e cosa significa essere amici di Dio.
Direttore, ci faccia due esempi?
“Giovanni, l’evengelista, il discepolo miglior amico di Gesù. E Abramo, il padre della fede che si definisce lui stesso l’«amico di Dio»”.
Si tratta di declinare, dunque, l’amicizia di Dio anche nella vita quotidiana?
“In questo ci aiuterà Suor Alessandra Fabbri, con esempi di cosa significa – sulle orme di San Francesco e Santa Chiara – aver toccato con mano l’amicizia di Dio. Un’esperienza che per fortuna si può fare anche oggi!”.
Cosa si propone il convegno catechisti numero 30?
“Uscire ricaricati ma soprattutto invasi e pervasi da una grande voglia di trovare – anche attorno a noi – amici di Dio, esempi concreti da portare ai bambini, oltre a esempi di amicizia”.
Si fa un gran parlare di una crisi dei sacramenti, di una riduzione progressiva della catechesi tra i bambini. Anche la Diocesi di Rimini è investita da un tale problema?
“Tra i tanti settori della pastorale, quello della Catechesi è sicuramente quello che in questi anni non ha subito variazioni reali e significative nei numeri. Forse in altri Stati o in altre Regioni, ma non a Rimini”.
Quanti sono attualmente i catechisti in Diocesi?
“Circa 2.460. In larghissima parte sono donne con un’età compresa tra i 30 ed i 50 anni. Questi ultimi anni hanno visto la Diocesi impegnata, secondo le linee della CEI, nel rilancio della Catechesi della Iniziazione cristiana. Soprattutto si è andata delineando in questi anni l’idea della catechesi familiare cioè il coinvolgimento in vari modi e tempi delle famiglie nella catechesi dei fanciulli e dei ragazzi”.
Se dunque non assistiamo ad un calo della domanda, com’è cambiata la richiesta nei confronti della catechesi?
“C’è una ’abitudine’ delle famiglie a portare i figli, i bambini e i ragazzi al catechismo. Per questo sono necessari educatori e catechisti, sempre più preparati, certamente, e il cui numero non scende perché la richiesta è sempre altissima.
La buona abitudine di portare i figli al catechismo e alla prima comunione, vale anche per tante famiglie che non frequentano la Chiesa e sono in non pochi casi persino «lontane», ma riconoscono nel catechismo e nei sacramenti un grande valore educativo.
Anche se nasce da una abitudine, dunque, questa idea della catechesi va sviluppata e approfondita: rappresenta una grande occasione, un territorio di proficuo investimento”.