Ma cosa vuole che pensasse un ragazzetto che viveva in provincia, in famiglia, col fascismo, la chiesa, il liceo, il cinema americano, e d’estate al mare le tedesche in costume da bagno? Non ho grandi ricordi, e poi ho svuotato tutto nei film che ho fatto. Consegnandoli al pubblico li ho cancellati, i miei ricordi, e poi non so più distinguere quello che è veramente accaduto da ciò che mi sono inventato. Al ricordo vero si sovrappone il ricordo dei fondali dipinti, del mare di plastica, e i personaggi della mia adolescenza riminese vengono spinti via a gomitate dagli attori che li hanno interpretati”.
Confessate al critico cinematografico Giovanni Grazzini e apparse sul Corriere della Sera nel 1981, le parole dello stesso Federico Fellini riassumono perfettamente le difficoltà che si incontrano nel ricostruire la sua infanzia riminese. Nel farlo, il rischio è quello di muoversi all’interno di una nebbia (per usare un’allegoria a lui molto cara) nella quale certezze e fantasie si intrecciano, generando confusione e tanti, troppi, dubbi. Ma quanto, oggi, la sua città nativa conosce la vita del suo concittadino più illustre?
Alcune certezze le abbiamo.
Conosciamo la storia rocambolesca che portò al matrimonio dei genitori, le case dove abitò, la frequentazione delle scuole elementari Tonini prima e del Liceo classico in seguito, la grande amicizia con Titta Benzi, la passione per Little Nemo, per il cinema, il circo ma soprattutto l’estro artistico che lo portò dapprima ad aprire un negozio di caricature con l’amico Demos Bonini e, finiti gli studi, a tentare la fortunata avventura romana.
Sappiamo, inoltre, che era alto e magrissimo e per questo motivo gli amici lo avevano soprannominato scherzosamente “Gandhi”; che non amava particolarmente il mare d’estate e che non era uno sportivo. In realtà c’è molto, molto di più, ma tutto il resto appare vago, nonostante le numerose biografie pubblicate e le tante interviste in cui lo stesso Fellini ha raccontato episodi della sua adolescenza. Il problema è distinguere il falso dal vero: opera che Federico non ha certo agevolato, sviando – di proposito – i suoi interlocutori.
Si è soliti dire che una bugia, se ripetuta, si trasforma in verità e in “verità”, nel suo caso, si sono trasformati alcuni episodi d’infanzia (emblematica è la fuga col clown Pierino) e parte di ciò che riguarda la sua educazione e frequentazione religiosa. A differenza di quanto sempre sostenuto in età matura nelle sue interviste, Fellini non ha mai frequentato l’Asilo delle suore di San Vincenzo (mai realmente esistito) né, tantomeno, le scuole elementari presso il Collegio ecclesiastico dei Padri Carissimi di Fano (esperienza, quest’ultima, “presa in prestito” dal fratello Riccardo).
Diverse tracce, invece, testimonierebbero una sua familiarità con l’oratorio salesiano riminese divia Tripoli, frequentato all’età di dieci anni per l’intera stagione estiva. Ma vi tornò anche in futuro? È nel campetto della Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, uno dei pochi presenti nella Rimini degli anni Trenta, che giocò a pallone assieme ad Alberto Marvelli, come ebbe modo di confidare nel 1969 al giornalista Renzo Allegri?
All’apparenza, la giovinezza di Fellini può apparire simile a quella di tanti altri concittadini suoi coetanei, ma se si indaga a fondo si scopre una ricchezza di sfumature ancora sconosciute. Approfondirle diviene di aiuto per comprendere molta della simbologia seminata, qua e là, tra i suoi capolavori. La sua poetica non è infatti pervasa solo di riferimenti alla sua infanzia riminese, ma anche di citazioni di carattere religioso. Queste ultime – a volte con tratti nostalgici, altre provocatori – hanno sempre sullo sfondo la matrice cattolica degli anni di formazione giovanile.
Giunti ormai al centenario della sua nascita, al fine di indagare la dimensione religiosa dell’opera del grande regista, nel marzo 2020 si terrà a Rimini la prima delle due giornate del convegno dal titolo“Fellini e il Sacro”.
L’evento – promosso dall’Università Pontificia Salesiana di Roma, dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” e dal Centro Culturale Paolo VI di Rimini potrà essere l’occasione per conoscere alcuni aspetti riminesi inediti della vita del grande regista e per porsi alcune domande (ha davvero seguito il Giro d’Italia del 1938 per il Corriere Padano?).
Presidente del Comitato Scientifico il regista Pupi Avati, considerato uno degli eredi artistici di Fellini.
Durante il convegno si approfondiranno anche temi quali la rappresentazione del sacro nei suoi film, l’arte e la religiosità di Giulietta Masina e, inoltre, si parlerà di poetica felliniana. Una ricerca storica sull’infanzia di Fellini ed una pubblicazione scientifica.
Una seconda sessione del convegno avrà luogo a Roma, presso il Pontificio Ateneo Salesiano, dove interverranno il Card. Gianfranco Ravasi ed altri esperti del settore.
Davide Bagnaresi