Ha fatto scalpore nelle scorse settimane la sentenza del Tar della Sicilia che considera il sostegno pubblico agli alunni disabili un fatto “sussidiario”, “non sostitutivo” rispetto agli obblighi educativi che incombono sui genitori. Un’uscita che, secondo gli esperti, potrebbe aprire la strada a scenari inquietanti, come accollare alle famiglie il costo dell’assistenza in classe al figlio disabile, e che fa sprofondare queste nella frustrazione del sentirsi appartenenti ad una categoria di serie B.
I numeri in provincia. La provincia di Rimini conta 993 studenti disabili nel corrente anno scolastico, di cui il 42% gravi; un tasso piuttosto incisivo a cui corrispondono ulteriori ore in deroga che aggiungono 88 posti di lavoro agli ordinari 391 insegnanti di sostegno. Una media di due alunni per insegnante, in linea con i dati nazionali. Sul fronte educatori socio-assistenziali (di competenza dei Comuni) che si affiancano agli insegnanti di sostegno, Rimini afferma di aver aumentato le risorse in campo.
“Le manovre finanziarie del Governo non hanno avuto ripercussioni perché il nostro Comune fa affidamento a risorse proprie per garantire gli educatori – dice a il Ponte, Gloria Lisi, assessore per le Politiche Sociali – tant’è che a fronte di un aumento di disabili, abbiamo aumentato tale stanziamento. Certo è che se consideriamo i tagli dei trasferimenti nazionali ai Comuni (5 milioni di euro per Rimini) questo si traduce in un aumento della nostra spesa che però non ha ripercussioni sul disabile”.
Anche Riccione, tramite l’assessore Laura Galli, sostiene di essere riuscita a garantire la tenuta della rete di protezione sociale e di continuare a farlo in futuro.
“Ma l’incognita, inutile negarlo, è il futuro. La gran parte delle risorse sul sociale vengono dalla Regione e le ulteriori riduzioni di fondi richieste dal Governo creano incognite importanti. Non sappiamo ancora quale sarà il budget per il 2015”.
Problemi sul fronte Provincia che da quest’anno, dopo la riforma, ha chiesto ai Comuni di accollarsi la spesa per gli educatori delle scuole superiori che prima le spettava.
“Siamo intervenuti noi Comuni, Riccione, Rimini come altri – prosegue Galli – ma attendiamo notizie diverse per il prossimo anno scolastico, perché questa nuova spesa non è coperta da alcun trasferimento regionale o statale”.
Criticità che durano da tempo. Le criticità vanno avanti da tempo, per Riccardo Ghinelli, esponente della Papa Giovanni XXIII per i diritti dei disabili.
“Sono state ridotte le ore di sostegno e messi limiti ai posti d’insegnante. Limiti che una serie di sentenze dalla Corte costituzionale hanno costretto a valicare con ore in deroga. Viviamo un conflitto tra i diritti civili e le disponibilità di fondi. Le famiglie affrontano un disagio forte”.
Ghinelli considera la sentenza siciliana incommentabile.
“Il diritto all’istruzione non può essere negato per motivi di bilancio. La Consulta insiste da tempo sul fatto che l’istruzione vada garantita sempre e comunque; la sentenza del Tar riporta la concezione del sostegno indietro di anni”.
Ciò che intristisce “sono le scuole che cercano di non avere più disabili. Prima era considerato un vantaggio averli perché poneva un tetto alle classi: non più di 20 alunni. Dopo l’abrogazione è prevalsa la percezione del disagio”.
Il problema maggiore, afferma Ghinelli, lo vivono le scuole paritarie.
“Sono obbligate ad assumere insegnanti di sostegno con fondi loro, ma, non navigando nell’oro, sono costrette ad incidere sulle rette delle famiglie. Tanto che le famiglie hanno protestato per la scarsità del sostegno al Provveditorato, ma si sono sentite rispondere che se si aggiunge da una parte, va tolto da un’altra”.
Il ruolo della scuola. Docenti su posto comune, personale ausiliario, compagni di classe. È la scuola nella sua interezza che deve volgere lo sguardo all’alunno disabile, non si deve pensare solo all’insegnante di sostegno come la soluzione a tutti i disagi. Questo il pensiero del dirigente dell’USP di Rimini, Agostina Melucci.
“Il valore della pedagogia dell’integrazione, patrimonio della scuola italiana, consiste nel principio di fondo che tutta la comunità scolastica sia intenzionalmente volta all’integrazione dell’alunno diversamente abile”. Da non dimenticare che “l’insegnante di sostegno è contitolare della classe, risorsa per aiutare l’alunno ‘speciale’, non l’angelo custode; ciò sarebbe in contraddizione con il valore fondante dell’integrazione/inclusione. Tutti gli insegnanti interagiscono con il soggetto che pone domande di formazione più complesse. È necessaria una formazione permanente di tutto il corpo docente su queste tematiche oltre che modificare alcune rigidità normative”. In conclusione, più che incrementare le risorse per il sostegno “sarebbe necessario un organico funzionale”. Pare che tutto ciò sia allo studio, sul piano nazionale, sottolinea Melucci.
Mirco Paganelli