L’approvazione recente dei bilanci 2018 delle tre Aziende Casa Emilia Romagna (ACER) consente un aggiornamento sullo stato degli alloggi pubblici messi a disposizione a canoni calmierati. Un punto quanto mai necessario, prima che scoppi anche da noi, in Romagna, qualche guerra tra poveri, magari strumentalizzando situazioni di degrado.
Un tema, quello dell’accesso alla casa e delle politiche abitative di cui praticamente non si parla quasi più, come testimoniano le recenti tornate elettorali locali. E non perché non ci sia richiesta. Basti pensare alle lunghe liste di attesa. Oppure al fatto che l’Italia è il paese d’Europa con la percentuale più bassa di alloggi sociali: appena 0.7 per cento sul totale dei nuovi alloggi, a fronte del 13 per cento dell’Olanda, del 10 per cento della Spagna e del 9 per cento di Germania e Francia (fonte Censis).
Tornando agli ultimi bilanci (2018) degli ACER della Romagna, si può così scoprire che gli alloggi in locazione da loro gestiti sono: 2.620 in provincia di Rimini, di cui 2.109 di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) di proprietà dei comuni; 4.521 in provincia di Forlì-Cesena, di cui 4.349 ERP; 4.813 in provincia di Ravenna, di cui alloggi ERP di proprietà comunale 4.667.
Come si può facilmente constatare la provincia di Rimini è la meno dotata di alloggi popolari: 1.8 ogni cento famiglie residenti, contro i 2.6 ogni cento di Forlì-Cesena e i 2.7 di Ravenna. Province, queste ultime, in linea con la dotazione media regionale.
Per raggiungere il livello delle altre province romagnole, a Rimini, mancano 1.360 alloggi, che sommati a quelle esistenti porterebbe il totale a circa 4mila. Un piano dei comuni di costruzione di nuovi alloggi a prezzi calmierati sarebbe quindi auspicabile, ma non se ne vede traccia.
Non si può nemmeno sostenere che non ci sia richiesta, perché le domande per un alloggio ERP in provincia di Rimini superano abbondantemente le duemila unità. La crisi non le ha certamente ridotte, tanto che solo nel comune di Rimini le domande sono aumentate dalle 1.305 del 2008 alle 1.655 di fine 2018, con una crescita del 27 per cento, di cui un terzo di famiglie straniere regolarmente residenti.
Probabilmente i tempi lunghi di attesa per entrare in un alloggio ERP scoraggia molti e questi dati vanno presi come base minima. A suffragare questa ipotesi c’è il fatto che, secondo informazioni di ACER Rimini, a fine 2018, gli alloggi liberi per l’assegnazione, sono appena 87, di cui 28 nel comune di Rimini.
E’ piuttosto evidente che con questi ritmi per esaurire l’intera graduatoria ci voglia almeno un ventennio. Tempi non proprio brevi per chi ha bisogno di un riparo a prezzi calmierati, visto che stiamo parlando di un canone mensile medio di 144 euro (era 117 euro nel 2008).
Nello stesso arco di tempo la richiesta provinciale di sfratti è, però, salita da 910 del 2008 a 1.091 di oggi (mentre è raddoppiata a livello nazionale). Per fortuna, ma non per i proprietari, quelli eseguiti sono molto meno. Ma il disagio esiste, perché gli sfratti si possono rimandare, ma non annullare.
Allora, cosa si potrebbe fare per rispondere alla domanda di alloggi a costo accessibile?
In Germania si stanno orientando sul modello affitto-acquisto. Invece di pagare un affitto, l’inquilino versa una rata mensile, tra i 500 e i 700 euro, fino all’esaurimento del prezzo dell’immobile, che alla fine, dopo 25-30 anni, diventa di sua proprietà. Quanto più giovane è l’affittuario, tanto più lungo può essere il periodo di rimborso, quindi più bassa la retta mensile. Essenziale il ruolo del Pubblico nell’anticipare le risorse per l’acquisto o la costruzione degli immobili.
Ultimo, non meno importante, va sfatato il falso vociare secondo cui le famiglie immigrate toglierebbero la casa agli italiani: non è vero! Perché su un totale di 1.890 assegnatari di alloggi ERP in provincia di Rimini, i non appartenenti ad un paese UE sono 195, cioè il 10 per cento del totale. Che equivale al peso degli immigrati residenti, e che pagano le tasse, sulla popolazione totale.