Forse i nonni non facevano i mattoni, e probabilmente nemmeno i padri, come Calzinazz nel film Amarcord di Fellini, ma è un fatto che tante famiglie non riescono ad avere un alloggio a prezzi accessibili. E con loro nemmeno tanti studenti universitari fuori sede, che sono circa la metà dei 5.000 iscritti al Polo di Rimini, di cui un quinto provenienti dall’estero, a cui viene chiesto anche 400 euro al mese per una stanza, magari da lasciare a maggio, per cedere il posto agli affitti turistici, più remunerativi. Qualcuno dirà che è il mercato, cioè la convenienza, ma le persone non sono una merce da prendere e sbattere fuori quando conviene. Come purtroppo capita.
Questo succede perché mancano le abitazioni? No. Gli alloggi ci sono ma i proprietari preferiscono altre soluzioni, più sicure, per riavere indietro l’immobile, e di maggior resa. Dimostrazione: a fine 2021, in provincia di Rimini, c’erano un totale di 194.000 abitazioni (184.000 nel 2010), di cui però solo 147.000 occupate, tre quarti a titolo di proprietà ed il resto in affitto o sotto altre forme di possesso (Istat). Restano fuori, non occupate, più di 47.000 abitazioni. Un bel patrimonio, non c’è dubbio, ma che non sono disponibili, perché di non residenti che le utilizzano per l’estate, oppure sono di proprietà locale, ma affittati per periodi brevi (tipo Airbnb: se fate una ricerca vi appariranno, su Rimini, più di 800 offerte). In quel che resta, le richieste di affitto, sono troppo alte (secondo l’Osservatorio immobiliare Idealista.it con 26,8 euro a metro quadrato, Rimini è la provincia con gli affitti più cari d’Italia), in rapporto alla domanda che ne avrebbe bisogno. Domanda cui il mercato del privato non è interessato, dati i ridotti margini di ritorno. E non saranno nemmeno, secondo i permessi rilasciati, le 630 nuove abitazioni costruite nel 2022, in provincia di Rimini, il doppio di Ravenna e quasi il triplo di Forlì-Cesena (a proposito, non si era detto che il consumo di suolo doveva essere zero?), a colmare questo vuoto.
Per cui è più che comprensibile il dubbio, espresso di recente dal sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad che la trasformazione di hotel, non più in uso, in appartamenti possa migliorare la situazione degli alloggi a minor prezzo.
Ed è qui che deve intervenire il Pubblico. I comuni cercano di darsi da fare, ma le risorse sono sempre scarse e spesso, nonostante la buona volontà, si resta ben lontani dalla soluzione del problema. Il Comune di Rimini, per esempio, ha lanciato, all’inizio di settembre, il suo piano denominato ‘Casa Rimini’ con l’obiettivo di incrementare, entro il 2027, alla scadenza del mandato, il numero degli alloggi per le categorie più fragili dagli attuali 2.000 a 2.700. A breve, nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo (MOI) è prevista la realizzazione di 80 alloggi di proprietà comunale, più altri 36 alloggi, di cui 24 Erp (Edilizia Residenziale Pubblica) e 12 Ers (Edilizia Residenziale Sociale), nell’area dell’ex Questura.
Questi interventi sono certamente importanti, ma a quanto ammonta la domanda di alloggi sociali in provincia di Rimini?
A fine 2021 le domande nelle graduatorie Erp di tutti i comuni erano 2.978, di cui 1.919 nel capoluogo, a fronte di 2.193 alloggi Erp disponibili (1.194 nel capoluogo) alla stessa data. Questo vuol dire che il numero delle domande in rapporto alle disponibilità è del 136 per cento, il valore regionale più alto e quasi tre volte la media dell’Emilia Romagna (ORSA 2021).
Sono troppe le domande o sono pochi gli alloggi Erp messi a disposizione? Entrambi, ma con un maggior peso dei secondi sulle prime. Se, infatti, le domande rappresentano il 2 per cento del totale delle famiglie riminesi, contro una media regionale dell’1.3 per cento, Rimini dispone di un alloggio Erp ogni 68 famiglie, quando la media regionale è 35, cioè quasi la metà. Nel resto della Romagna le famiglie per ogni alloggio Erp disponibile sono 40 a Forlì-Cesena e 39 a Ravenna. Insomma, Rimini è la provincia messa peggio. Vuol dire che questa provincia per mettersi in pari con la media regionale degli alloggi Erp da offrire a chi ne ha bisogno, deve metterne in cantiere almeno altri 1.200, da aggiungere a quelli esistenti. Non è una scoperta nuova, ma un problema che si trascina da alcuni decenni, mai affrontato con un programma serio di recupero, seppure graduale, del deficit. È anche difficile fare affidamento sul ricambio, cioè sulla turnazione, perché al ritmo di 74 assegnazioni, 21 nel capoluogo, come è capitato a Rimini nel 2021, l’ultimo della lista, al netto di nuove domande, potrà entrare in un alloggio Erp tra quarant’anni. Cioè la prossima generazione dei richiedenti. Se poi prendiamo per buona la stima fatta dall’Osservatorio Politiche abitative in Emilia-Romagna, del dicembre 2021, per conto della Regione, del numero dei nuclei familiari potenzialmente in disagio abitativo nell’anno 2019, cioè prima del Covid, al netto degli assegnatari Erp, che a Rimini sarebbero più di 7.000, è evidente che la situazione abitativa si complica ancora di più e la necessità di un piano di medio-lungo periodo diventa ancora più urgente.