Aaa, cercasi ragazzi disposti a perdere ogni certezza. È questo il motto per vivere appieno l’esperienza di Intercultura, associazione nata in Italia nel 1945, ma già presente nel mondo dal 1919, con l’obiettivo di favorire gli scambi culturali tra i più giovani, trascorrendo all’estero un intero anno scolastico. Si tratta di una vera e propria avventura umana che mette in discussione il proprio modo di vivere, confrontandosi con stili di vita e di pensiero diversi.
La sede di Rimini
Il polo riminese nasce il 19 giugno 2011, portando con sé la precedente collaborazione con la sede di Cesena, alla quale ci si appoggiava. Oggi c’è un presidente e altre quattro figure volontarie che gestiscono questo immenso patrimonio umano.
“Sono una casalinga – racconta la numero uno riminese, Carla Perazzini, mamma di una figlia adolescente pronta a partire per dieci lunghi mesi – ho iniziato quest’avventura nel 2004 come famiglia ospitante e oggi sono alle quarta ospitalità. Questo è un progetto che non promuove la conoscenza della lingua quanto l’integrazione in una cultura diversa dalla propria. Ci si deve scambiare stili di vita, modelli di cultura e serve ad arricchirsi umanamente”.
Si tratta di una vera e propria sfida con se stessi in cui, giovani dai 15 ai 18 anni, provano ad immergersi per un lungo periodo in una nuova famiglia, nuovi amici, in una classe scolastica che parla un’altra lingua.
Si può fare di più
“Rimini a differenza di altri luoghi è una città che ospita poco e questo ci penalizza, perché più famiglie ci sono ad ospitare, più è facile per i nostri ragazzi partire per l’estero”.
Un modus operandi che rientra nella filosofia dello “scambio reciproco” e che favorisce spesso lo scambio di ragazzi tra le stesse famiglie di provenienza. Se in questo momento 6 ragazzi della provincia trascorreranno all’estero il loro anno scolastico per 10 mesi, solo 4 sono le famiglie ospitanti. Ma ce ne vorrebbero molte di più.
“Sul territorio siamo nuovi e dobbiamo farci conoscere piano piano. Alle famiglie che vogliono partecipare chiediamo solo tre cose: vitto, alloggio e affetto. Non si deve pagare nulla”.
A tutto il resto ci pensano i volontari di Intercultura, la grande risorsa di questo progetto mondiale.
“Oggi, di volontari effettivi, ne abbiamo ancora molto pochi. Sono indispensabili in tutte le mansioni, dall’accompagnare all’essere tutor”.
Infatti, proprio perché Intercultura ruota attorno alle figure dei volontari si viene “formati allo scopo” mediante incontri, seminari, dinamiche di gruppo.
Si perde l’anno scolastico?
Ma la sfida di Intercultura non viene raccolta da tutti. Oltre alle titubanza delle famiglie bisogna affrontare i dubbi degli istituti superiori, spesso restii a lasciar partire per un anno un loro alunno.
“Lo ripetiamo sempre, l’anno scolastico non va perso. Al ritorno si fa una valutazione assieme agli insegnanti per capire a che livello è l’alunno. Qualora ci siano delle lacune si possono fare lezioni o esami integrativi”.
Inoltre, si raccomanda sempre di partire quando si sta frequentando la terza o la quarta superiore, “in modo che l’esame di maturità non venga mai messo in discussione”.
Finora tra le scuole più attive ci sono i licei scientifici “Einstein” e “Serpieri” e quest’anno per la prima volta anche il liceo artistico “Federico Fellini” e il classico “Giulio Cesare”.
“È chiaro che se più ragazzi partecipano al progetto, più riusciamo a farci pubblicità e conoscere tra i vari presidi”.
Cosa aspettate, il mondo vi aspetta!
Marzia Caserio