“Ma voi, chi dite che io sia?”. È la domanda, ed il tema, che anima una delle iniziative del cammino quaresimale della Diocesi riminese. La riflessione del biblista professor don Rinaldo Fabris(nella foto, al centro), dal titolo “Il tuo volto, Signore, io cerco” (Sal 27,8) Alla ricerca di Gesù di Nazareth, Dio della storia, svoltasi lunedì 9 marzo, ha avviato una serie di incontri settimanali presso la chiesa di Sant’Agostino nel centro storico di Rimini. Cinque proposte secondo le differenti prospettive (biblica, teologica, storico-filosofica, spirituale ed ecclesiale) che convergono verso l’unità sostanziale della persona di Cristo. Interverranno autorevoli interpreti della vita cristiana di oggi, le cui meditazioni sono già riportate in una recente pubblicazione delle Edizioni Paoline.
“L’itinerario quaresimale di ricerca, meditazione e contemplazione che proponiamo è un invito a sostare sul mistero del Figlio – evidenzia monsignor Francesco Lambiasi, Vescovo della Diocesi di Rimini -, a custodirlo anzitutto nel nostro cuore (Lc 2,51), affinché Gesù risorto, che si accompagna a noi sulle nostre strade e si lascia riconoscere “nello spezzare il pane”, ci trovi vigili e pronti a riconoscere il Suo volto e portare il grande annuncio al mondo (Gv 20,25)”.
Il volto di Dio in Gesù di Nazaret
Il quarto Vangelo, quello di Giovanni, è il testo di riferimento per la ricerca del volto di Dio che sfocia nell’incontro con Gesù di Nazareth, il Cristo, Figlio di Dio e Signore.
Un cammino storico e di fede che “attraversa l’intera vicenda biblica, dalla domanda di Mosè sul monte Oreb: “Mostrami la tua gloria” (Es 33,18), fino alla richiesta di Filippo durante la cena di addio: “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8) e la risposta di Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,9)”.
Un percorso dove si evidenziano alcune figure del Quarto Vangelo: Natanaele, Nicodemo, Simone Pietro, il discepolo amato, Maria di Màgdala e Tommaso.
Vedere e credere
“Il racconto del Vangelo di Giovanni è imperniato sul “vedere” come esperienza del credente che, nell’umanità concreta di Gesù, il Figlio dell’uomo, entra in comunione – “conoscenza” – con Dio per avere la vita (cfr. Gv 17,3; 20,31) – spiega il professor Fabris -. Dopo la testimonianza di Giovanni, che presenta a Israele Gesù come l’Agnello e il Figlio di Dio, due dei suoi discepoli lo seguono. Gesù chiede loro: “Che cosa cercate?” (Gv 1,38). I due discepoli gli chiedono: ”Rabbì – Maestro – dove dimori?”. Egli risponde con un invito: “Venite e vedrete” (Gv 1,39). Essi vanno con Gesù e vedono dove dimora. Per il resto della giornata rimangono con lui. Questo incontro dei due discepoli apre la serie di altri tre che stanno all’origine del gruppo dei primi discepoli di Gesù”.
Nel processo della fede il “vedere” è orientato al “credere” e ha come esito la vita eterna.
“Tutta la missione di Gesù, il Figlio unigenito, rivela e rende presente l’amore di Dio Padre nel mondo. Ma l’epifania di questo amore si ha soprattutto nella sua morte di croce. La condizione per avere la vita offerta dall’amore efficace di Dio, è l’accoglienza del suo dono: “credere nel Figlio unigenito”.
Una pagina cruciale per il cammino di fede proposto nel Quarto Vangelo è il “segno del pane”. Gesù si presenta come il pane disceso dal cielo, che è la sua carne data per la vita del mondo. A quanti ne mangiano egli promette la vita definitiva. Per mezzo della sua parola e con il dono di sé nella morte di croce, egli sarà “pane di vita” per tutti gli esseri umani. L’unica condizione per avere la vita promessa da Gesù è “credere” in lui come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo”.
L’umanità di Gesù
L’espressione biblica “Figlio dell’uomo” esprime la manifestazione di Dio nell’umanità di Gesù. “Nel Verbo che si è fatto carne, condividendo la condizione fragile dell’essere umano nella forma estrema della morte di croce, si rende presenta la “gloria”, cioè la potenza di Dio che salva – afferma il professor Fabris -. Nel Quarto Vangelo il segno di salvezza è Gesù, elevato in croce. Secondo il disegno di Dio, che porta a compimento le sue promesse, “bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15). Nella morte di Gesù la sua umanità consegnata per amore diventa fonte di vita per chi lo riconosce e l’accoglie come dono di Dio”.
L’incontro con Gesù risorto
Nel Vangelo di Giovanni l’esperienza della risurrezione di Gesù si presenta, ancora una volta, come un cammino di fede incentrato sul rapporto tra il “vedere” e il “credere”.
Maria vede la pietra che è tolta dal sepolcro aperta e pensa che il Signore sia stato sottratto. Pietro vede le bende e il sudario all’interno del sepolcro, ma non ha nessuna reazione. Solo il discepolo amato “vide e credette”. Nell’itinerario dei vari protagonisti si va dal semplice guardare al “vedere” illuminato della fede.
Maria di Magdala, che si ferma a piangere presso il sepolcro, dopo l’incontro con Gesù risorto va dai discepoli e annuncia loro: “Ho visto il Signore” (Gv 20,18) I discepoli che fanno l’esperienza dell’incontro con il Signore, a Tommaso, che non era presente, dicono: “Abbiamo visto il Signore” (Gv 20,25). Tommaso per credere vuole vedere nelle mani di Gesù i segni dei chiodi. Ma di fronte a Gesù risorto che si fa vedere con i segni della passione, Tommaso esclama: “Mio Signore e mio Dio”. A questo punto Gesù risorto traccia il percorso della fede per tutti: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv 20,29)”.
Nel Quarto Vangelo non si parla di “apparizioni” di Gesù risorto, ma di “incontro”. Gesù, che è stato condannato alla morte di croce, si fa vedere e ristabilisce le relazioni con i suoi discepoli.
“Si tratta di un “vedere” che va oltre la realtà immediata per aprirsi a una nuova prospettiva che dà senso alla storia umana davanti a Dio.
Il percorso di fede nel Vangelo di Giovanni alla ricerca del volto di Dio in Gesù di Nazareth, si può riassumere nel dialogo tra Gesù, Tommaso e Filippo, prima del suo arresto, nella sala della cena di addio. Gesù promette ai discepoli di venire a prenderli per essere per sempre insieme nella casa del Padre. Egli dichiara che essi conoscono la via che conduce a questo luogo. Alla reazione di Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” (Gv 14,5), Gesù dichiara: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”.
Francesco Perez