Dall’aborto alla violenza di genere, dall’allarme denatalità all’utero in affitto sono tante le minacce per cui ribadire il valore della vita e tutelare i diritti dei più fragili.
Vi è oggi nell’opinione pubblica una errata concezione del concetto di libertà percepita come assenza di paletti all’espressione dell’io e in balia solo dei propri sentimenti: un’illusione che definirei “adolescenziale”.
La libertà va di pari passo con la responsabilità, anche se questo binomio non riusciamo a farlo passare a livello culturale. Stiamo lavorando proprio su questo: non focalizzare la nostra vita solo sui nostri bisogni, ma acquisire orizzonti di senso.
Da un anno a questa parte per colpa della pandemia stiamo vivendo la responsabilità di non contagiare gli altri e la responsabilità della salute pubblica. Forse dovremmo iniziare a guardarci con l’ottica del ‘noi’, questo ci permetterebbe di recuperare il significato della libertà in modo più veritiero e ci permetterebbe di guardare la vita, sotto tutte le forme e gli stati in cui si presenta, con maggiore senso di lealtà e recuperare pienamente il suo più alto valore.
Recentemente si è riacceso il confronto su questi temi dopo la decisione della Regione Marche di non rilasciare la pillola abortiva nei consultori, andando di fatto contro le direttive del ministero della Salute. Inoltre il Forum delle associazioni familiari è intervenuto riguardo alla pericolosità del farmaco Esmya, che contiene ulipristal acetato così come confermato dall’agenzia italiana ed europea del farmaco.
Non si capisce, dunque, come la cosiddetta ‘pillola dei 5 giorni dopo’, che di ulipristal acetato ne contiene ben 30 milligrammi, continui a essere diffusa senza problemi e sia a disposizione anche di ragazze minorenni. Su questo tema ritorna una falsa percezione del concetto di libertà. Si è pensato di liberare le donne da alcuni fardelli del passato dando loro la possibilità di scegliere sulle sorti del feto. Non ci si è resi conto di aver barattato la libertà di scelta per le donne con un completo scarico di responsabilità da parte della comunità di appartenenza e da parte delle istituzioni.
È una condanna ulteriore: la donna, di fronte a queste scelte, in realtà rimane sola con il proprio problema. Neanche i padri hanno in questo modo più voce in capitolo. La decisione presa dalla Regione Marche mi sembra di buon senso perché non si può mettere in mano alle donne uno strumento senza gli adeguati controlli.
La legge 194 ancora non è completamente applicata in quanto non è stata realizzata tutta la parte legata alla prevenzione e all’accompagnamento della donna nella scelta. Alle donne che chiedono l’aborto non viene proposta alcuna alternativa.
Emma Ceccarelli
vice presidente del Forum delle famiglie