Home Osservatorio Musicale Ai pazzi si addice il teatro

Ai pazzi si addice il teatro

Scena conclusiva di Arcifanfano - PH Michele Crosera

Venezia, Arcifanfano re dei matti di Galuppi su testo di Goldoni nel divertente spettacolo di Bepi Morassi 

VENEZIA, 5 aprile 2025 – Arcifanfano re dei matti, che va letto rigorosamente con l’accento sulla prima “a”, è andato in scena al Teatro Malibran per la stagione della Fenice. Lo spettacolo, frutto di una coproduzione con Opera Studio e il conservatorio della città lagunare, peraltro non sfigurava rispetto ad allestimenti assai più blasonati del cartellone veneziano, nonostante la giovane età di strumentisti e interpreti.

Madama Gloriosa – PH Michele Crosera

Composto da Baldassare Galuppi nel 1750 su libretto di Polisseno Fegejo (alias Carlo Goldoni, che aveva scelto siffatto nom de plume come pastore arcade), questo ‘dramma comico per musica in tre atti’ si riteneva perduto fino a una ventina d’anni fa. Ricerche di biblioteca hanno invece portato al recupero di gran parte delle musiche, anche se, nell’esecuzione veneziana, è stato necessario colmare qualche lacuna attraverso integrazioni, comunque sempre rispettose dello stile.

Nell’improbabile corte del re Arcifanfano – singolare figura epitome di una generica follia, ma che a ben guardare appare più vicina alla saggezza di tanta cosiddetta normalità – approdano uno alla volta sei personaggi, che incarnano altrettanti tipi umani. Si configura così un microcosmo che consente a Goldoni di allargare il suo sguardo sul mondo attraverso un efficace straniamento: pur prendendo le mosse dalla commedia dell’arte, sono già delineati quei germi teatrali futuri che amplificheranno le caratteristiche dei personaggi, accentuandole. Proprio a cominciare dal protagonista, quasi antesignano delle pazzie disegnate da Pirandello. Sembra invece riecheggiare l’archetipo plautino dell’avaro patologico, Sordidone, che custodisce gelosamente lo scrigno in cui ha nascosto i suoi tesori (quasi fosse la pentola dell’Aulularia); i tratti un po’ fatui dell’incorreggibile sperperone Malgoverno giustificano le ragioni del suo nome, mentre il tracotante Furibondo appare come una rievocazione del miles gloriosus. Specchio della società veneziana, filtrata dalla penna di Goldoni, sono invece le ben più innovative figure femminili: si va dall’alterigia di Madama Gloriosa alla ritrosia di Semplicina, che sfoggia quegli stereotipi comportamentali di modestia e ingenuità, utilizzati in seguito per altri fini da Norina nel Don Pasquale donizettiano. L’accomodante Madama Garbata sembra invece sfoggiare quel pragmatismo caro a Goldoni, incarnato nella Locandiera da Mirandolina. E naturalmente la musica di Galuppi, da parte sua, riesce a rendere più incisive e nitide le fisionomie di ogni personaggio.

Da tempo sulle tracce di quest’opera, oltre che artefice di revisione e adattamento delle musiche sopravvissute, il direttore Francesco Erle ha saputo trarre vivacità e leggerezza dall’Orchestra del Conservatorio Benedetto Marcello, che non ha nulla da invidiare a ensemble più professionali. È riuscito a imprimere grande vivacità alla musica attraverso un ritmo sostenuto e sempre incalzante, fornendo nello stesso tempo un valido aiuto ai giovani interpreti. Ciascuno è impegnato in più di un’aria – quasi sempre con ‘da capo’ – e in qualche brano d’insieme, in alternanza a lunghi interventi parlati: mancano infatti i recitativi, forse ritenuti troppo impegnativi per cantanti ancora un po’ acerbi.

Il baritono Samy Timin ha efficacemente tratteggiato un surreale e accattivante Arcifanfano. Nel ruolo di Madama Gloriosa, agghindata come una soubrette da avanspettacolo, il soprano Eugenia Siliberto è apparsa sicura anche nei passaggi più virtuosistici. Notevole duttilità vocale e scenica ha mostrato il soprano Yukiko Shimizu nel disegnare la ritrosa Semplicina, su cui il protagonista mette subito gli occhi, mentre a interpretare l’allegra Madama Garbata era una spigliata e spiritosa Xiyi Wang. Gli altri tre personaggi maschili, oscillanti dal basso-baritono al tenore, avevano le voci di Marcus Vinicius Bezzerra Dias (l’avaro Sordidone), Sanlin Wang (il collerico Furibondo) e Xushuan Cai (il prodigo Malgoverno).

Fondamentale per la riuscita dello spettacolo la regia di Bepi Morassi, che ha curato attentamente la gestualità degli interpreti, duttili e atletici in palcoscenico. L’allestimento, coloratissimo e molto divertente, è caratterizzato da un piacevole sincretismo, che accosta i più tradizionali espedienti del teatro povero (il somaro, benissimo realizzato da quattro servi di scena) a un tecnologico impianto scenico. Lo firma Matteo Corsi, mentre gli spiritosi costumi senza tempo sono di Beatrice Raspanti: entrambi coordinatori degli allievi della Scuola di Scenografia e Costume dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Il colpo d’occhio iniziale fa pensare a un circo, ma la scena – ruotando – si trasforma in un divertente teatrino che riporta al settecento. Efficace la conclusione, quando ciascun interprete ostende una lettera dell’alfabeto fino a comporre la scritta «Il mondo». Del resto la follia è una caratteristica che riguarda tutti, allora come oggi.

Giulia  Vannoni