L’insuccesso del fantasy L’ultimo dominatore dell’aria non lo ha certo allontanato dal cinema. M. Night Shyamalan, che anni fa sbancò i botteghini e riempì le cronache con Il sesto senso, è tornato alla regia. E c’è chi crede ancora nelle sue capacità registiche visto che gli ha affidato un “giocattolino” da 130 milioni di dollari. Storia di Will Smith, interprete (e produttore) assieme al figlio Jaden (si ricompone così il duetto familiare de La ricerca della felicità) di questo fantascientifico racconto dove ancora una volta la Terra è messa male e gli umani si sono trasferiti su un altro pianeta. Papà è severo ed è il miglior ranger perché ha imparato a soffocare la paura, e riesce a non farsi scovare dagli alieni e mostruosi Ursa che fiutano proprio il terrore. Il figlio aspira a diventare ranger proprio come papà, ma si deve accontentare del grado di cadetto. Avrà l’occasione di dimostrare il suo valore nella delicata missione in solitario per recuperare un prezioso comunicatore, mentre papà è gravemente ferito nel relitto dell’astronave caduta sulla Terra.
Praticamente After Earth è un “gioco a due” con qualche altro personaggio che spunta qua e là (come la moglie, interpretata da Sophie Okonedo), ma principalmente giocato sull’impresa del ragazzo, guidato dal padre, in un percorso di crescita dove deve acquistare coraggio, consapevolezza e sicurezze, per cercare di raggiungere la totale assenza di paura.
Shyamalan se la sbriga in 100 minuti, apparentemente non mette molta carne al fuoco, però ci sono sequenze di intensa drammaticità e il rapporto padre-figlio si snoda discretamente su una distanza fisica ma non certo di anima e cuore, il che permette al giovanotto di continuare nella sua perigliosa impresa.