Inaugurato nel 1962 lo scalo di Miramare arrivò addirittura ad essere il quarto in Italia. Dalla Gran Bretagna, nel 1964, atterrarono 872 velivoli
Il rilancio dell’aeroporto di Rimini è imminente. Almeno secondo le parole dell’amministratore delegato del ‘Fellini’, Leonardo Corbucci. Questa è la speranza del sindaco di Rimini, reduce anche lui dal Bahrain, dove si è svolto pochi giorni fa, Routes World, l’evento annuale degli aeroporti e delle compagnie aeree che nel 2026 si terrà proprio a Rimini. Forti di questo successo, per quella data si annuncia che lo scalo riminese raggiungerà i 400.000 passeggeri, facendo un bel balzo dai circa 270.000 di quest’anno. Numeri ben lontani dai 900.000 passeggeri toccati nel 2011 e mai più raggiunti, ma che costarono caro, anzi carissimo, alla società di gestione, Aeradria, che nel 2013 fu dichiarata fallita dal Tribunale di Rimini. Da allora il numero dei voli è andato diminuendo e solo ora si registra qualche segnale positivo.
Nel frattempo il ‘Fellini’ da aeroporto pubblico è divenuto privato e date le norme esistenti, e i precedenti, nessun soggetto pubblico ha mai più pensato di finanziare lo scalo riminese.
Senza dubbio dal 1962, anno della sua nascita, la storia di Aeradria ha conosciuto momenti gloriosi, legandosi indissolubilmente ai grandi successi del turismo riminese. Non a caso nelle vicende dello scalo un ruolo determinante, fin dall’inizio, l’ha avuto l’Azienda di Soggiorno di Rimini, ovvero la società che allora si occupava della promozione turistica.
Del resto gli anni ’60 erano quelli degli stranieri e delle straniere provenienti dal nord Europa; assecondando questa tendenza l’aeroporto conquistò subito notevoli quote di mercato. Nel 1964 atterrano dalla Gran Bretagna 872 aerei e 334 dalla Svezia. Nel 1966 lo scalo di Rimini, con 392.594 passeggeri e 7.450 voli, raggiunge il quarto posto tra gli aeroporti di Italia, in base al movimento passeggeri.
Da allora molto è cambiato. Il mondo del turismo ha radicalmente cambiato pelle, i concorrenti europei e mondiali sono cresciuti a dismisura, oggi inglesi e svedesi hanno sostanzialmente dimenticato l’Adriatico. Francia e Spagna si contendono il primato del turismo e il mercato russo, che per un periodo ci aveva illuso, è letteralmente uscito di scena, prima per la crisi economica, poi per l’invasione dell’Ucraina.
Ora in Emilia-Romagna domina il ‘Marconi’ di Bologna con 10 milioni di passeggeri, settimo aeroporto in Italia. Una recente ricerca della società che gestisce lo scalo di Miramare riporta che nel 2022, nel raggio di 30 chilometri da Rimini, hanno volato 2,8 milioni di passeggeri. Di questi il 42% ha volato da Bologna e solo il 4% da Rimini, da Milano Malpensa il 12%, da Venezia l’11%, il 5% da Bergamo. Nei primi dieci mesi del 2024 i passeggeri sono stai 308.000, il 15% in più rispetto allo stesso periodo del 2023, con un aumento del 15%.
In teoria, quindi, per Rimini esistono margini di crescita, però, a determinate condizioni . In primo luogo portare a termine gli investimenti annunciati. Negli ultimi anni sono stati investiti 12 milioni, di cui 3 arrivati dalla Regione. Ulteriori 12 milioni circa devono essere i spesi per infrastrutture di volo, 2,5 per i terminal e 3,8 per viabilità interna e accesso dall’esterno, a cui si aggiungono altri 6 milioni per impianti e attrezzature. Una parte di queste risorse arriverà dai Fondi di Sviluppo e Coesione che per l’Aeroporto ha approvato quattro progetti per circa 9 milioni. Si tratta della realizzazione di un impianto fotovoltaico a terra nel sedime aeroportuale (1.038.000 euro), della riqualificazione delle infrastrutture e degli impianti del terminal (2.836.000 euro), di lavori a infrastrutture e impianti airside (1.775.735 euro) e del piano di messa in sicurezza e accessibilità della struttura (3.350.000 euro).
In secondo luogo servirebbe, un’azione di coordinamento tra gli aeroporti regionali, attualmente ben quattro, Bologna, Rimini, Forlì e Parma. Su questo la politica dibatte e ciascun schieramento ha una propria ricetta, ma niente appare facile.
Soprattutto perché ogni intervento degli enti pubblici va ponderato per non cadere sotto la lente della violazione della concorrenza tra privati. Inoltre è necessario capire come trovare le risorse in una fase così difficile per la finanza pubblica.
Si potrebbe ricorrere ai privati, come vorrebbe fare Forlì, ma per ora è troppo forte il dubbio sulla redditività di un investimento simile.
“È necessaria la massima sinergia tra le istituzioni perché l’aeroporto di Rimini possa aumentare il traffico aereo e diventare una leva centrale per rilanciare il settore turistico”, così ha dichiarato la
candidata del Centrodestra alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, Elena Ugolini, di origini riminesi.
L’obiettivo è creare “un nuovo sistema infrastrutturale e aeroportuale regionale realmente integrato e sostenibile”.
Mentre il candidato del Centrosinistra, Michele De Pascale, attuale sindaco di Ravenna, sostiene che “la prima cosa da fare è convocare i sindaci, le Camere di commercio e le società di gestione degli aeroporti e commissionare tutti insieme un piano di gestione dei quattro scali. Bologna è d’accordo e può essere una grande opportunità per la Romagna e per Parma”.
Senza aggiungere molto altro è il caso di ricordare che, come citano molti recenti studi, sotto il milione di passeggeri gli aeroporti, italiani o stranieri, non riescono a sostenersi senza aiuti pubblici. Insomma, la politica dovrebbe dare risposte chiare, rifuggendo da facili scorciatoie e promesse elettorali, guardando attentamente ai numeri e soprattutto ai bilanci.
Senza aggiungere molto altro è il caso di ricordare che, come citano molti recenti studi, e come ha ribadito la recente inchiesta nel Data Room di Milena Gabanelli, sotto il milione di passeggeri gli aeroporti, italiani o stranieri, non riescono a sostenersi senza aiuti pubblici. Insomma, la politica dovrebbe dare risposte chiare, rifuggendo da facili scorciatoie e promesse elettorali, guardando attentamente ai numeri e soprattutto ai bilanci.
Alberto Rossini