Bambini che si atteggiano e si comportano come gli adulti. Lo fanno in autonomia già dalla prima infanzia o sono spinti dai genitori? Abbiamo consultato un gruppo di esperti (pedagogisti, psicologi, esperti di media) per capire il fenomeno
Bambini che navigano su Internet senza controllo e nessuna censura, bambini abbigliati come adulti, bambini che usano il linguaggio dei grandi… sono fatti quotidiani cui abbiamo fatto l’abitudine. Eppure è noto che “Il cucciolo d’uomo” ha bisogno di molti anni per arrivare alla piena maturità, mentre oggi i bambini sono spinti, dai genitori e dall’ambiente in cui vivono, verso un’adultizzazione precoce. Perché? Cosa sta cambiando?
Lo chiediamo ad Alfio Maggiolini psicologo, psicoterapeuta, docente di Psicologia del Ciclo di vita all’Università Milano-Bicocca, direttore della scuola di specializzazione in Psicoterapia dell’adolescenza e del giovane adulto del Minotauro di Milano.
“Sicuramente sta cambiando il modo di intendere il bambino e l’infanzia. Dagli anni ’70, gli psicologi hanno scoperto le precoci competenze del neonato. Diversamente da quanto si pensava in passato, fin dalla nascita il bambino è in grado, seppur in modo embrionale, di entrare in contatto e di interagire in modo attivo e non passivo con chi si prende cura di lui. In quegli stessi anni la famiglia è cambiata. I bambini hanno assunto una posizione centrale dentro a famiglie sempre più piccole, a volte monoparentali, costituite da un solo genitore e sempre più anziane rispetto al passato.
Sono famiglie spesso senza una solida rete di supporto, in cui il bambino diventa sempre più necessario al benessere dei genitori.
A volte i genitori non sono pronti per affrontare le impegnative sfide dell’educazione e della crescita dei figli; ma attraverso i figli tendono a perseguire a tutti i costi le proprie aspirazioni, a costo diremmo dei figli stessi, che devono compiacere le loro aspettative. Il successo del bambino diventa il successo del genitore. Il bambino non gioca a calcio per divertirsi, ma per diventare Maradona. La bambina non va a danza per acquisire movimenti sciolti e armonici, ma per diventare la prima ballerina della Scala.
Il bambino è sempre meno oggetto di un intervento educativo da parte dell’adulto. Le relazioni tra genitore e bambino tendono a farsi più paritarie. Si sta riducendo il divario tra bambini e adulti. Il bambino diventa il confidente, il supporto, l’amico del genitore”.
“Gli adulti trattano i bambini come loro pari.- Sottolinea Mariagrazia Contini, già professore ordinario di Pedagogia e docente di Pedagogia Generale e Sociale e di Pedagogia dell’infanzia e della famiglia all’Università di Bologna; autrice di documentari sulle problematiche educative – Chiedono loro di decidere cosa mangiare, che abito indossare o acquistare, quando dormire… nell’aspettativa che siano in grado di regolarsi da soli.
Sono bambini certamente competenti sul piano cognitivo, ma fragili e impreparati sul piano della gestione delle emozioni e delle relazioni con gli altri; che manifestano il loro disagio in vari modi: disturbi dell’attenzione, iperattività, ripetuti problemi di salute, obesità, disturbi del sonno“.
La grande conquista dei secoli scorsi era stata quella di arrivare a differenziare nettamente l’infanzia dall’età adulta. Oggi si sta riducendo di nuovo questa differenza?
“Nel Medioevo l’idea di infanzia non esisteva: superati i primi anni di vita in cui la mortalità infantile era altissima, il bambino veniva catapultato nel mondo adulto: era un piccolo adulto in miniatura, vestito come un adulto con cui condivideva la stessa vita. Solo lentamente si è fatta strada l’ idea di infanzia come una età della vita distinta e differente da quella adulta: un segno indicatore è stato a proprio il diffondersi di un diverso abbigliamento del bambino rispetto a quello dei genitori. Oggi assistiamo ad un fenomeno inverso: bambini e bambine vestiti da adulti; che ne assumono le pose. Sui social e in TV, vediamo bimbe che camminano ancheggiando, ammiccano con sorrisi furbi e maliziosi, con una postura da vamp. Qualcuno deve averglielo insegnato, spesso sono i genitori a farlo direttamente; altre volte i genitori delegano questo compito ad altri. Nelle immagini degli spot pubblicitari o sui giornali, per rendere più appetibili i prodotti, oltre al corpo delle donne si usa quello delle bambine o certe parti del corpo delle bambine e finisce che questi corpi bambini diventano modelli affascinanti di identificazione su cui i loro coetanei proiettano desideri ed aspirazioni”.
La tendenza ad adultizzare i bambini è presente anche nei mass media. Che rischi corrono i bambini? Ne parliamo con Roberto Rovere, Account Manager presso l’agenzia di pubblicità Nadler Larimer & Martinelli di Milano; sensibile alla tema dell’utilizzo dei bambini in pubblicità, ha scritto per Famiglia Oggi.
“Spesso, quando si usano i bambini per fini commerciali, né i genitori né i pubblicitari considerano tutti i rischi di questo utilizzo. Sotto i riflettori di un palcoscenico, un bambino è chiamato a mettersi in mostra, per poi essere giudicato, scartato o adulato, dimenticato o osannato. Il grande rischio del bambino sollecitato a comportarsi come un piccolo adulto è di abituarsi sempre più ad apparire più che a essere, ad imitare comportamenti più che a introiettarli.
Molti sostengono che per i bambini stare su un set sia in realtà solo un divertimento e, in effetti, è vero che spesso i bambini si divertono. Ma quello del divertimento potrebbe essere un grande alibi grazie al quale tante persone, professionisti e genitori, tengono a bada la propria coscienza”.
L’ invasione mediatica di baby modelli e baby talenti che raggiungono successo e notorietà al pari degli adulti, quale effetto potrà provocare su tutti quei bambini che invece si limitano a fare da spettatori?
Quando una pubblicità fa sentire i bambini inadeguati, diversi dagli altri e soprattutto molto meno fortunati e attraenti dei protagonisti, si genera un forte bisogno di entrare in possesso non solo del prodotto pubblicizzato ma di ogni novità lanciata sul mercato. Ogni bambino avrebbe bisogno invece di crescere con qualcuno che gli stia vicino, riconoscendo i suoi bisogni e tutelando le sue vere necessità. Non il contrario. I bambini devono poter essere tali e non piccoli adulti da esibire o manipolare”.
Dove è andata a finire l’infanzia? Come recuperare la differenza tra bambino e adulto?
”Non possiamo far scomparire di nuovo l’infanzia – afferma Mariagrazia Contini – rubare l’infanzia a bambini e bambine, adultizzandoli, è un atto di violenza.
Tuttavia, l’adulto oggi prova difficoltà e disagio a calarsi in un ruolo gerarchicamente superiore a quello del bambino, autorevole, per essere credibile come supporto e guida. Dobbiamo allora prenderci cura di chi ha un compito di cura. Si tratta di investire nell’educazione e formazione dell’ adulto, di coloro che sono in primis deputati alla cura e protezione dei bambini, vale a dire genitori ed educatori. È un impegno di base ad ampio raggio, da assolvere sia a livello locale sia nazionale”.
Lucia Carli