Una scelta epocale
Così l’arcivescovo di Malta Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della fede, definisce il rescritto. In un’intervista rilasciata a Radio Vaticana-Vatican news, ricorda che nel summit convocato in Vaticano dal Papa sulla pedofilia, nel febbraio 2019, “c’è stata una giornata intera dedicata alla trasparenza”.
Poi, con la nuova legge “Vos estis lux mundi” del maggio scorso, il Santo Padre ha cominciato anche a implementare le decisioni prese a febbraio. Durante il summit in Vaticano si era parlato da più parti di segreto pontificio come ostacolo al diritto ad una giusta informazione dovuta alla vittima e alla comunità. Con la decisione di oggi, tutto il materiale conservato negli archivi dei Dicasteri vaticani e delle diocesi relativi ai casi di abuso – denunce, testimonianze, carte processuali – finora sottoposti al segreto pontificio possono essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi, tramite rogatoria internazionale (nel caso dei dicasteri pontifici) o richiesta diretta al vescovo competente (nel caso delle diocesi).
Trasparenza e collaborazione: sono le due parole d’ordine del nuovo documento papale, che abolendo il segreto pontificio sugli atti e le testimonianze nei procedimenti per abusi non interferisce in nessun modo con il segreto della confessione, il quale rimane intatto in quanto sigillo sacramentale. Dopo la storica decisione odierna, spiega Scicluna, cessano alcuni impedimenti: prima, infatti, “la vittima non aveva l’opportunità di conoscere la sentenza che faceva seguito alla sua denuncia, perché c’era il segreto pontificio.
Anche altre comunicazioni venivano ostacolate, perché il segreto pontificio è un segreto di altissimo livello nel sistema di confidenzialità nel Diritto canonico. Adesso viene facilitata anche la possibilità di salvaguardare la comunità e di dire l’esito di una sentenza”. Con l’abolizione del segreto pontificio, precisa il vescovo, i documenti “non sono di dominio pubblico ma, per esempio, viene facilitata la possibilità di una collaborazione più concreta con lo Stato, nel senso che la diocesi che ha una documentazione ormai non è più legata al segreto pontificio e può decidere – come deve – di collaborare bene, trasmettendo copia
della documentazione anche alle autorità civili”.
I “delitti più gravi”. Sempre oggi è stato diffuso un altro rescritto del Papa, con cui si introducono alcune modifiche alle “Normae de gravioribus delictis”, che fanno riferimento al Motu Proprio “Sacramentorum Sancitatis tutela” emanato da Giovanni Paolo II il 30 aprile 2001. Tra i “delitti più gravi” contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la dottrina della fede, rientra anche “l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche dei minori di diciotto anni” – la novità del testo di oggi – e non di quattordici, come era finora. Altra modifica di rilievo presente nel rescritto odierno, quella di consentire anche ad un laico di esercitare la funzione di avvocato e procuratore.
(a cura di M.Michela Nicolais)