Mentre scrivo queste righe la bicicletta in sharing giace parcheggiata nel vialetto sotto casa da ormai una settimana. E l’utente, per completezza di informazione, ha avuto l’accortezza di lasciarla in modo che non ostruisca il passaggio laddove invece, nei miei tragitti quotidiani per le vie e i parchi cittadini, è inevitabile vedere bici o monopattini abbandonati in modi tanto fantasiosi quanto deplorevoli. E deve ancora iniziare l’estate, periodo di massimo utilizzo dei veicoli in questione. Non voglio essere il solito catastrofista da tastiera del tipo: lasciamo perdere queste robe che tanto vanno a finire in disastro. Qualsiasi forma di mobilità alternativa e sostenibile va presa in considerazione e incoraggiata. Sempre che, però, ce ne siano le condizioni. Ovvero la capacità di gestire il parco mezzi e recuperarlo in tempi congrui, tenendo conto dell’inevitabile variabile impazzita degli utenti che lasciano i veicoli a vanvera oppure in collocazioni assurde supponendosi dei simpaticoni ahahah. Poniamoci con serietà e onestà questa domanda a inizio stagione, prima che le situazioni sfuggano di mano o che gli addetti al recupero siano costretti a compiti troppo grandi per le loro forze. Se ci sono le condizioni, si vada pure avanti: sarò felice di vedere le mie perplessità smentite sul campo. Se è meglio per ora abbandonare l’impresa in attesa che i tempi siano davvero maturi, non sarà una sconfitta. Anch’io tutti gli anni mi riprometto di prepararmi per la Rimini Marathon ma poi non arrivo neanche a essere in grado di affrontarne un quarto.
Magari l’anno prossimo la faccio.
In monopattino. Poi lo lascio per bene, sia chiaro.