Più forza meno rabbia meno violenza uguale perdono” si legge su quella lavagna quasi intonsa, in ogni caso tutta da scrivere con la vita. Chi riesce a vergare in questo modo, magari nei confronti di chi gli ha fatto del male, vive, chi odia si macera e muore dentro. Un genio come William Shakespeare avvertiva: “Serbare rancore equivale a prendere un veleno e sperare che a morire sia l’altro”. Chi sa amare il nemico, nonostante l’ingiustizia subita, fa della sua vita un tesoro prezioso anziché un tormento. Spezzare il circolo vizioso della vendetta e dell’odio non è però un atto che s’intraprende a cuor leggero. “Perdonare è una scelta faticosa, è un percorso e come tale esige che cambiamo molte volte le nostre percezioni. – spiega Grazia Sciroli, 44 anni, del Servizio Carcere della associazione Papa Giovanni XXIII – Non si tratta di qualcosa che avviene una volta per tutte”. Però si può imparare, una volta dopo l’altra, una lezione alla volta. A Taverna, immersa nella campagna di Montecolombo, c’è “l’Università del perdono”, come l’ha felicemente battezzata il Vescovo di Rimini durante una sua visita nella casa che ospita questa singolare forma di “istruzione”, ed accoglie da anni carcerati in cerca di riscatto. Quale luogo migliore di una Casa dove si impara a perdonare e a farsi perdonare da coloro a cui si è fatto del male per dar vita ad un’Università del Perdono?
A distanza di un anno dalla prima, suggestiva lezione, quell’Ateneo di misericordia propone un secondo, audace incontro. “La fatica del perdono”, questo il titolo dell’appuntamento di sabato 9 febbraio, è affidato alle voci del Vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi, ma anche ad Andrea Canevaro, docente di pedagogia speciale all’università di Bologna, e a Donatella Curzi. Prima del confronto e della condivisione pomeridiana in piccoli gruppi, c’è tempo per una testimonianza che si preannuncia toccante: quella di Fulvia Miglietta, ex brigatista rossa successivamente condannata a morte dalle stesse BR e protagonista di un radicale cambiamento di vita. Racconterà la sua vicenda, di come si può vincere la logica della morte.“La nostra visione abituale è annebbiata dai giudizi e dalle percezioni del passato proiettate nel presente: – prosegue la Sciroli – ci ingannano facilmente. Quando scegliamo di cambiare la nostra prospettiva per una visione più profonda, più ampia e completa, possiamo riconoscere e affermare la grande verità su chi siamo noi e chi sono gli altri”. Come risultato di questo cambiamento, secondo la coordinatrice dell’Università del Perdono, “nasce una maggior comprensione verso noi stessi e gli altri”. Il perdono si vive, allora, come un sentimento di gioia, di pace, di amore, di apertura del cuore, di leggerezza, di fiducia, di libertà, di allegria. Dove può portare la rivoluzione d’amore fondata sul perdono? “Ancora non ne siamo completamente consapevoli. – ammette la Sciroli – Restiamo aperti agli stimoli preziosi che arrivano, dentro e fuori la Casa. Più che «Università» siamo ancora alla scuola materna: partiamo dall’Abc”. Ma sulla lavagna di questo particolare ateneo sono già state scritte straordinarie lezioni d’amore e di perdono. Come quella di Giancarlo Randi, il dirigente di Hera che ha perdonato l’assassino della moglie. Esperienze di vita che possono guidare lontano.
Paolo Guiducci