Vogliamo farla facile… a puntare su Fellini si vince sempre. Sullo scorso numero de il Ponte il presidente di UniRimini, Leonardo Cagnoli, fresco d’incarico ha dichiarato che “La straordinaria eredità di Fellini può e deve essere sfruttata meglio. Lo dobbiamo al maestro, è anche nell’interesse della città” . Cagnoli non disdegna l’ipotesi di un corso universitario sui film di Fellini, le sceneggiature, il linguaggio all’interno della facoltà di Moda e risponde: “Girerò il suggerimento al capo dipartimento di Moda. Lo farò senz’altro” .
A parlare di rafforzare il legame tra Rimini e il regista attraverso una scuola era stato – nel 2005 – Pupi Avati e lo aveva rilanciato nel 2010. Ma in quel caso non si parlava di un coinvolgimento con l’Università per eventuali corsi ma di una vera e propria scuola di cinema. L’allora presidente (uscito poco dopo) della Fondazione Fellini dichiarò al nostro mensile economico TRE: “Mi sta chiedendo se in futuro il Fulgor può trasformarsi in un centro per giovani che vogliono fare cinema? Questa proposta la feci io circa 4/5 anni fa ed era proprio quella di una scuola dei mestieri del cinema” . Al progetto Avati si era interessato in prima persona ma senza successo. Adesso a risentir parlare di Fellini e della possibilità di avvicinarlo a Rimini, Pupi Avati si fa scettico.
Maestro Avati, cosa pensa di questa possibilità di avere un corso universitario a Rimini, legato a Federico Fellini?
“È un iniziativa molto interessante. Bisogna capire qual è la finalità. Quando lo proposi io, la cosa era diversa”.
Allora non si portò a compimento per problemi economici, pensa che il rapporto con l’Università di Rimini posso portare ad una concretizzazione?
“Possibile, ma si tratta di capire cosa si vuole fare”.
In che senso?
“Io parlavo di una scuola di cinema per uscire dall’aria tossica della teoria che ha ammorbato tutto il paese. Non del cinema a livello teorico, ma pratico. Io lo verifico tutti i giorni, con i ragazzi che incontro, che vogliono cominciare a lavorare a questa magica macchina… e non riescono ad esprimersi”.
Quali figure forma questo modo di insegnare l’arte del cinema?
“Produce soprattutto supponenza, giovani vittime della loro presunzione”.
Che lavoro possono fare, allora?
“Non sono assumibili in nessun ambito. Possono scrivere. Sono dei teorici. Quando il cinema italiano è stato nella sua massima espressione queste figure c’erano già. Non sono di certo una novità. C’erano i critici, i teorici, ma erano molti meno. Erano pochi e selezionati e avevano anche uno spessore diverso”.
Aveva scelto il Fulgor nel progetto della sua scuola di cinema a Rimini…
“Sì, un simbolo, uno spazio. Doveva essere una fabbrica del fare. Ma per limiti di budget non siamo riusciti a portarla avanti. Ma… sa (mi spiega con l’atteggiamento solito della logicità del ragionamento, ndr), un corso teorico non costa molto, basta assumere qualche professore ma il mio era un progetto grande, un vero e proprio corso di regia, con montatori, macchinisti, tecnici delle luci. Servono spazi, serve personale bravo e benformato. Nella mia mente volevo formare giovani che una volta usciti di lì potevano mettersi a lavorare”.
Ma torniamo all’oggi e alla possibilità di portare Fellini tra “i banchi di scuola” dell’accademia locale. Cosa dice?
“Dico di non rimanere nel teorico. Di non perpetrare lo sfruttamento di questi poveri giovani che per studiare fanno molti sacrifici, personali e familiari, e poi si ritrovano con poco più di nulla in mano. E mi auguro che questa non sia una mossa di accaparramento dei soliti noti. Pensiamo a questi giovani”.
Angela De Rubeis