Una italianissima, nera, bollente e profumata passione. A forza di versarla, una tazzina dopo l’altra, mescolata con zucchero di canna e bianco, dosi a piacimento, è diventata una professione dal gusto forte e intenso. E lui, Enrico Maltoni, ha assunto i panni del “signore della macchina da caffè”. Nessuna esagerazione, non è un campanilismo da espresso: Maltoni, 44 anni compiuti, è il massimo esperto italiano sulla storia, la cultura e il design della macchina da caffè espresso, e su tutto quanto fa caffè nella storia. Un sapere nero, forte e bollente che è sfociato addirittura in un Museo, il Mumac, la più importante collezione al mondo dedicata alla storia e alla cultura della macchina da espresso da bar. Nei 2.000 metri quadrati allestiti a Binasco (Milano) in collaborazione con il Gruppo Cimbali, l’esposizione “serve” su un piattino un intero secolo di espresso italiano ospitando l’Archivio (600 libri, documenti, oggettistica) e la Collezione Maltoni.
“Tutto ciò che gira intorno al caffè mi suscita grandi emozioni – è la candida ammissione di Maltoni – . L’estetica affascinante, il design e la storia tutta italiana mi hanno catturato ed io li ho studiati come mai nessuno era stato in grado in precedenza”.
Forlivese d’origine, il coffee-makers Enrico è villaverucchiese di adozione ormai da molte stagioni. In Valmarecchia ci è arrivato per ragioni di cuore e qui ha messo radici. Più volte a settimana leva gli ormeggi dal suo quartier generale di via Banfi per spingersi a Milano, impegnato com’è nel ruolo di curatore del Museo, il suo “espresso” professionalmente finora più riuscito. Ma la valigia di Maltoni è sempre pronta. Ci sono macchine da visitare e libri da presentare. In occasione dell’uscita del monumentale Coffee Makers-Macchine da caffè (in collaborazione con Mauro Carli), 770 pagine di ricerche senza precedenti, Maltoni ha affrontato una tournee da rock star dell’espresso, presentando il volume in Cina, Taiwan e Singapore. In appena quattro mesi il coffee maker di Villa Verucchio ha “versato” oltre 4.000 copie del librone, nonostante il costo non proprio popolare di 100 euro, e può esibire un contratto firmato con un editore asiatico per la pubblicazione in Cina, Corea e Giappone.
Ma quando è scoccata la scintilla per tazze, tazzine e caffettiere? C’è chi colleziona sabbia dal mondo, gadget Coca Cola o figurine, Maltoni no, lui dalla maggiore età ha puntato decisamente sulla raccolta pesante di macchine per caffè. “Ogni macchina pesa 50-60 kg”. E il trasporto si trasforma in avventura se la macchina da bar fa caffè in SudAmerica e non solo a Rimini in Corso d’Augusto. “Bogotà, Colombia. Il pezzo era notevole – apre il cassetto dei ricordi l’esperto – ma diffidavo della spedizione, temevo qualche inconveniente che avrebbe pregiudicato l’operazione. Così ho preso l’aereo, e un minuto dopo la firma del contratto ho iniziato smontare con chiave e cacciavite la macchina in tre parti”. Un inconveniente: il prezzo da paura pagato al check in per il bagaglio a mano.
Tra gli oltre 250 “trofei” che può esibire con orgoglio, Maltoni accarezza amorevolmente una San Marco del 1942, il pezzo pregiato della collezione, rinvenuta in una cantina di Monaco di Baviera, forse acquistata usata dall’Italia per un bar. “Un pezzo molto raro”.
Le macchine da caffè rincorse da Maltoni sono pesanti anche dal punto di vista economico. Le quotazioni, come spesso accade nel collezionismo, sono oscillanti ma per un pezzo di inizio secolo sborsare dai 3 ai 10 mila euro è facile come bere un espresso. I modelli artigianali anni Cinquanta non si comportano molto diversamente. Esperto e collezionista, ma quando si passa dalla teoria alla pratica, Maltoni che consumatore è? “In casa mi affido alla caffettiera, moka o napoletana. Il bar, invece, è il luogo privilegiato per gustarsi l’espresso”. Provando e riprovando le macchine che restaura presso la nuova officina appena aperta a Secchiano, ne gusta in media 5-7 al giorno. Rigorosamente senza zucchero: “ai veri amatori di un buon espresso non è permesso”.
Paolo Guiducci