Davvero nessuno si sarebbe atteso tanta gente per l’apertura, in Diocesi, della Porta Santa della Basilica Cattedrale. “Non vedevo tanta folla da quando è entrato in Diocesi il vescovo Francesco” mi ha confidato un parroco riminese. Per i sacerdoti, al solito abituati ad arrivare all’ultimo, non è stato facile neppure accedere alla chiesa dei Paolotti, da dove doveva partire la processione. Mancava ancora un quarto d’ora, ma gran parte della folla di fedeli era già costretta a star fuori dal tempio. La lettura del vangelo della Misericordia, con la parabola della pecorella smarrita, e della bolla di indizione del Giubileo, ha dato inizio alla solenne processione. In realtà ben poco solenne, obbligata com’è stata a zigzagare in via IV Novembre, fino al piazzale del Tempio Malatestiano, fra i banchi del mercato, con qualche venditore un po’ troppo vociante che veniva zittito dai fedeli. Anche davanti al Duomo la folla era talmente accalcata che i celebranti stessi non hanno potuto far da corona al Vescovo mentre apriva solennemente la Porta Santa della Misericordia. Dietro a monsignor Lambiasi i fedeli sono entrati in chiesa, un lungo fluire che ha costretto il coro a ripetere più volte il canto. Ad un certo punto qualcuno ha chiuso la porta, creando qualche piccolo malumore in chi era costretto all’esterno. “I numeri non contano nulla, ma è un bell’inizio. – ha commentato alla fine il solito sacerdote – La proposta di papa Francesco, di un Giubileo incentrato sul tema della misericordia e i segni che ha posto da subito, andando fino a Bangui, nel cuore dell’Africa sofferente, ci hanno scossi e aiutati ad entrare nel cuore profondo della proposta del Papa”.
Nell’omelia il Vescovo non poteva che far riferimento al tema della gioia che caratterizza la terza domenica di Avvento, davvero felice coincidenza con l’apertura del Giubileo, parola che appunto “deriva dall’ebraico jobel, il corno di montone che serviva a dare il segnale dell’inizio solenne dell’anno giubilare in Israele, anno della remissione di ogni debito, della liberazione di ogni schiavo, del meritato riposo della madre terra”.
Monsignor Lambiasi ha poi indicato quelle che ha chiamato “le sette note che fanno da corolla al luminoso mistero della misericordia”: >gratuità (“L’uomo non ha alcun diritto di ricevere misericordia, e Dio non ha altro interesse di donarla, che non sia la gioia dei suoi figli”),fedeltà/strong>(dice san Paolo “Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso”), tenerezza (“>una “visceralità” che dice brivido a pelle, partecipazione fremente, coinvolgimento intimo e profondo”), compassione (Il Buon Samaritano e i “dieci verbi del pronto soccorso: avvicinarsi, scendere, versare, fasciare, caricare, prendersi cura, pagare… fino al decimo: saldare il debito), esigenza (“l’adultera perdonata viene congedata da Gesù con un doppio dono che è anche un doppio impegno: andare in pace e non peccare più”), paradossalità (“Nel vangelo della misericordia tutto è sorprendente, tutto eccessivo e straripante”), goia (“Sì, Dio prova gioia quando ci perdona, anzi addirittura se ne compiace”).
Dunque una buona partenza per una “straordinaria occasione di grazia. – come scriveva il Vescovo nella lettera di indizione del Giubileo diocesano – Invito tutti a fare di quest’ Anno giubilare una straordinaria occasione di grazia, tanto più attesa e preziosa per la nostra Diocesi che vuol ravvivare in ogni fedele e in ogni comunità la gioia della fede e il fuoco della missione”.
Giovanni Tonelli