È il film più “veloce” su un Pontefice (nel 2014 era tra l’altro già uscito il documentario “Francesco da Buenos Aires”) a distanza così breve dal suo inizio di pontificato: il regista di Chiamatemi Francesco – il papa della gente è Daniele Luchetti, noto per Il portaborse chiamato in causa dal produttore Pietro Valsecchi per una fiction televisiva di 200 minuti che vedrà presto la luce sui nostri schermi. Intanto c’è la versione “breve” per le sale, nella quale il regista, laico non credente, si accosta con rispetto e curiosità al Papa (interpretato da Rodrigo De La Sierra per il periodo argentino e da Sergio Hernández per i giorni che precedono la sua nomina a successore di Pietro) raccontando tre tappe: l’impegno sacerdotale in gioventù nell’Argentina martoriata dalla dittatura, il periodo da vescovo ausiliario e la proclamazione pontificia, con il commovente finale della fumata bianca e della prima apparizione di Francesco davanti alla folla entusiasta in piazza San Pietro sotto una pioggia scrosciante, narrato con utilizzo di materiali d’archivio.
Il film esplora in modo particolare, nei 94 minuti della durata (sarà interessante misurarsi con la versione dilatata per la tv) il suo delicato e risoluto ruolo nel nero periodo del regime di Videla, in un paese dove i sacerdoti vengono arrestati, torturati e assassinati, le persone spariscono e la libertà è negata in ogni momento della vita quotidiana. Il film offre una risposta alle insinuazioni lanciate nei confronti del Papa, proponendo il ritratto di un “combattente” della Chiesa che non si fa piegare dal potere.
Le perplessità di trovarsi davanti ad un mero “santino” cinematografico sono dissipate da un racconto onesto e coinvolgente.