Oltre 13mila. Tanti sono i liberi professionisti in provincia di Rimini. Una fetta pari al 10% del totale degli occupati sul territorio, ma generalmente in crescita. Parliamo di ruoli, infatti, che continuano ad esercitare un certo appeal sui giovani alle prese con la scelta del proprio percorso di studi. Gli ingegneri, ad esempio, dieci anni fa erano 750 mentre oggi sono saliti a quota 1.116. Un boom. Gli architetti, da meno di 600, sfiorano attualmente le 800 iscrizioni e un trend simile si registra anche per gli avvocati che tra professionisti e praticanti oggi arrivano a 1.426 unità contro 1.200. Commercialisti e praticanti sono complessivamente 805 contro i 500 di un decennio fa, gli agenti di commercio passano da 1.200 a 1.676 mentre i ragionieri sono addirittura triplicati arrivando agli attuali 740 contro 278. Ma non tutti gli ordini professionali vedono il segno “più”: è il caso dei geometri che, includendo anche i praticanti, sono oggi 861 contro il migliaio di qualche anno fa. Ma arriviamo al nocciolo” della questione: oltre 13mila professionisti iscritti ai vari Ordini e Collegi professionali (2 milioni in Italia) sono tanti o pochi per questa provincia? E c’è spazio per i giovani? In alcuni casi i numeri non giocano a favore. Guardiamo alle “toghe”: se in Italia opera un avvocato ogni 272 abitanti, a Rimini, praticanti compresi, il rapporto è di uno ogni 236 quando in Germania la stessa proporzione è di uno su 700, in Gran Bretagna di uno su 500. Un vero e proprio affollamento. Alta concorrenza anche tra gli architetti (nel riminese se ne conta uno ogni 431) e i medici: mettendo insieme chirurghi e medici di famiglia il numero è di 6 ogni mille residenti contro una media nazionale di 3,7 ed europea di 3,1.
Oltre i numeri. Burocrazia, troppi cavilli normativi e una responsabilità non sufficientemente riconosciuta: un mix letale per gli architetti, una delle libere professioni più in difficoltà, complice la crisi edilizia degli ultimi anni. “Diversi colleghi si cancellano dall’Ordine, ma si tratta per lo più di chi lavora come dipendente pubblico o insegnante” afferma il presidente, Roberto Ricci. Ma ci sono anche giovani, iscritti da pochi anni, che stanno pensando di cancellarsi perché lamentano più difficoltà. E pagano di tasse più di quanto guadagnino. La piaga numero uno? Le norme, che cambiano da comune a comune. Non è semplice districarsi tra i vari cavilli, con il rischio, spesso, di finire in tribunale. E di chi è la maggiore responsabilità? “È nostra, secondo i giudici, poco importa se le colpe sono della ditta costruttrice”. Le cause possono prolungarsi anche per diversi anni “senza aver riconosciuto economicamente il proprio lavoro”. “Col mio reddito mi trovo ad invidiare gli operai che almeno possono contare su ferie, pensione, malattia e reddito fisso” lamenta Giovanni, architetto riminese di 40 anni. Nel suo caso una lunga gavetta (uscito dall’università ha lavorato per diverso tempo in uno studio 10 ore al giorno prendendo appena 500 euro al mese) e molta delusione: “>In giro c’è un massacro al ribasso, incoraggiato dalle stesse istituzioni”. Per gli architetti il reddito medio annuo è di 17mila euro, con una perdita negli ultimi anni del 40%. All’orizzonte secondo Ricci c’è qualche spiraglio, “le pubbliche amministrazioni, dal governo nazionale agli enti locali, cominciano a riconoscere la necessità di una semplificazione burocratica: serve una legge urbanistica unica per tutto il Paese. Solo così le norme smetteranno di distruggere un lavoro bello e creativo come il nostro”.
Vedono nero anche gli avvocati riminesi. “Nell’ultimo triennio abbiamo avuto 150 cancellazioni” afferma il presidente dell’Ordine, Giovanna Ollà. “Risentiamo degli effetti della crisi economica e di qualche difficoltà a livello organizzativo nei tribunali che prolungando i tempi della giustizia si riversa non solo sul nostro lavoro ma su tutta la cittadinanza”. Con la crisi è diminuita la domanda e si sono allungati i tempi di pagamento, “c’è anche chi chiede di rateizzare in quattro volte”. Il reddito è calato del 20-30%. “Ci sono ancora giovani che credono in questa professione, ma è anche vero che per alcuni diventa un ’parcheggio’ in attesa di fare altro, magari un concorso pubblico”.
Infine c’è un problema nella formazione universitaria: “Dopo anni passati sui codici e sulle teorie ci si accorge che non si è capaci di fare nulla: né un atto né una citazione” lamenta Raffaele, 28 anni, fresco di laurea e praticante.
Una delle professioni che esercitano maggiore appeal sui giovani (e non solo) è anche quella dello psicologo. In provincia gli iscritti al relativo Ordine sono 656, ma il dato tiene conto anche dei dipendenti pubblici e dei disoccupati. Solo tre anni fa erano 583. E il numero è in continua crescita in tutta Italia raggiungendo quota 100mila. Un trend che preoccupa la dottoressa Anna Ancona, presidente dell’Ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna. “Al numero delle persone iscritte all’albo non corrisponde una domanda da parte del mercato” afferma. “Per questo tanti professionisti rimangono disoccupati oppure sono costretti a cercare lavoro nelle cooperative per mansioni diverse, come quelle dell’educatore o coordinatore”. Per non parlare dei primi anni di esercizio della professione quando “se va bene, si lavora 3-4 ore a settimana”. Ci sono però ancora spiragli ed opportunità come un aumento della domanda di psicologi e psicoterapeuti da parte delle scuole (pur limitate nelle risorse) nella formazione di insegnanti e creazione di sportelli di sostegno, e degli enti pubblici (pur frenati dalla Spending Review). Aumenta il riconoscimento dell’importanza di questa figura anche in versanti prima “vergini”. Ma la strada è ancora lunga.
Come lunga e in continuo movimento è la strada dei commercialisti: 805 oggi, compresi i praticanti, contro i 500 di dieci anni fa. “Le cancellazioni sono minime, appena una o due l’anno, e i giovani sono ancora attirati dalla professione, lo vediamo dalle iscrizioni all’Ordine e dai partecipanti ai nostri corsi di preparazione all’esame di Stato” commenta il presidente Bruno Piccioni. A preoccupare anche in questo caso è la concorrenza, troppo elevata, a fronte di un depotenziamento del mercato negli ultimi anni, legato alla crisi economica, alla chiusura di numerose imprese e all’allungamento dei tempi di pagamento. Ma un grande problema è rappresentato anche dal continuo aggiornamento, dagli intricati meandri della burocrazia e del quadro legislativo in cui i commercialisti ed esperti contabili si trovano ad esercitare. Difficoltà che fanno rima anche con responsabilità. Le normative anti-riciclaggio ne sono un esempio: come le banche, gli altri istituti finanziari i commercialisti devono segnalare alla Banca d’Italia operazioni sospette, ma fino ad oggi le segnalazioni da parte dei professionisti privati riminesi sono state minime. “Non siamo una banca, dovremmo anche noi far firmare ai nostri clienti fogli su fogli – Piccioni difende la categoria -. >Noi dovremmo segnalare solamente quelle operazioni in cui c’è un rischio reale di riciclaggio e finanziamento al territorismo, e la legge per fortuna va in questa direzione”.
Alessandra Leardini