Snaporaz d’essai. Cinema ritrovato e teatro contemporaneo”. La sala di Cattolica si riprende il suo posto con una programmazione estremamente significativa sotto la direzione artistica dell’attore e ricercatore teatrale Silvio Castiglioni. La rassegna raccoglie l’eredità della kermesse Nessun dorma! (attiva da ormai tre anni) e lancia un ponte verso il cinema. Accanto a capolavori assoluti e rari del cinema, quali Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti (previsto per il 15 marzo) o l’introvabile Gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene (esempio dell’espressionismo tedesco degli anni Venti che verrà proiettato il 23 febbraio), ha preso il via il 17 novembre la parte dedicata al teatro contemporaneo (“Snaporaz d’essai. Cinema ritrovato e teatro contemporaneo”. La sala di Cattolica si riprende il suo posto con una programmazione estremamente significativa sotto la direzione artistica dell’attore e ricercatore teatrale Silvio Castiglioni. La rassegna raccoglie l’eredità della kermesse Nessun dorma! (attiva da ormai tre anni) e lancia un ponte verso il cinema. Accanto a capolavori assoluti e rari del cinema, quali “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti (previsto per il 15 marzo) o l’introvabile “Gabinetto del dottor Caligari” di Robert Wiene (esempio dell’espressionismo tedesco degli anni Venti che verrà proiettato il 23 febbraio), ha preso il via il 17 novembre la parte dedicata al teatro contemporaneo (l’ingresso agli spettacoli e alle proiezioni è solitamente di 7 euro. Info: 339 3000792) con la compagnia milanese Anima Nera che ha presentato lo spettacolo Fine famiglia. Si tratta della storia di una famiglia italiana nella sua più dannosa e nefasta accezione, dove l’esaurimento degli errori possibili non lascia più spazio alle relazioni umane: un rito natalizio di separazione. Atteso il 1° dicembre invece lo spettacolo Filò, viaggio di Arlecchino all’inferno di e con Silvio Castiglioni.
Quale linea si intravede nelle scelte di questa rassegna?
“Innanzitutto già dal nome abbiamo voluto riportare al centro la sala– racconta il direttore artistico Castiglioni – che sta ricominciando a vivere grazie anche all’intervento dell’associazione Toby Dammit che le ha fatto avere il proiettore digitale. Accanto alla programmazione che avviene con regolarità, abbiamo scelto di accogliere in questa cornice i capolavori recentemente restaurati dalla Cineteca di Bologna. In questo modo le pellicole originali hanno ritrovato la loro forza e rivederle sul grande schermo ha tutto un altro valore. Per il teatro contemporaneo è stata fondamentale la collaborazione di Ater (Associazione Teatrale Emilia Romagna) che ci ha permesso, unendo le forze, di invitare compagnie e spettacoli di grande qualità”.
Come nasce la sua messinscena Filò?
“In questo spettacolo si uniscono diversi elementi. Prende spunto da un poema di Andrea Zanzotto, scrittore veneto che mi ricongiunge con le mie origini (anche se ormai sono romagnolo d’adozione). Nel 1999 feci un viaggio in Argentina in cui mi chiesero di parlare della Commedia dell’Arte e qui incontrai una persona che aveva tradotto Filò in argentino. Così c’è stato un collasso di coincidenze che mi hanno portato a realizzare questo spettacolo in cui unisco il testo di Zanzotto alla Commedia dell’Arte (con un Arlecchino molto particolare e sui generis) cadenzati anche da altri episodi della mia vita e della mia generazione come gli Anni di piombo o il terremoto del Friuli Venezia Giulia del 1976. A scandire questo racconto mi accompagna in scena la fisarmonica di Beppe Chirico. «Fare filò» è una tradizione veneta per cui ci si ritrovava la sera attorno al fuoco nella stalla, la parte più calda della fattoria, per parlare e raccontarsi delle storie, accompagnati da qualche buon cibo. Così in scena mio fratello, Paolo Castiglioni, prepara il tipico risotto «al tastasàl» a base di riso e carne di maiale. A fine spettacolo il piatto finisce e inizia il filò del pubblico che si ritrova così a mangiare e parlare insieme”.
Crede siano significative queste proposte culturali accanto ai cartelloni delle stagioni teatrali o dei festival?
“Sono fondamentali per far crescere il pubblico. La cultura sembra avere sempre un ruolo minoritario, ma noi abbiamo il compito di mantenere la luce accesa per farla riscoprire a tutti. La nostra e altre sono piccole realtà che però creano momenti di convivialità e di scambio. A fine spettacolo o a fine proiezione gli spettatori possono ogni sera fermarsi a mangiare qualcosa e a parlare con gli artisti”.
Il 24 novembre approderà in sala la versione restaurata di Amarcord di Fellini, con i 15 minuti inediti tagliati all’epoca dal regista riminese. poi cosa possiamo aspettarci?
“L’appuntamento teatrale successivo sarà il Mac e Beth della compagnia Astorritintinnelli del 12 gennaio. Per assistere a Filò è consigliata la prenotazione e il costo sarà eccezionalmente di 15 euro, poiché è inclusa la cena”.
E se l’appetito vien mangiando…
Irene Gulminelli