“Siamo tutti colpiti dalla serie di attentati terroristici in Francia, con oltre 120 vittime”. La frase del Vescovo di Rimini riassume il sentimento di quanti, immersi in un corale dolore, si sono presentati in piazza Cavour, a Rimini, feriti e consapevoli che non si cede al terrore. Di fronte all’atto disumano che ha portato la guerra nel cuore della libera e multietnica metropoli occidentale,
mons. Francesco Lambiasi ha proposto tre verbi, tre azioni: tacere, riflettere, pregare.
“Un altro giorno buio nella storia dell’umanità: – si è espresso il Vescovo – come uomini e come credenti siamo tutti sconvolti dall’orrore della spietata carneficina eseguita con gli attentati compiuti a Parigi. Sentiamo il bisogno di tacere, di riflettere a lungo, di pregare”.
Mentre la Chiesa riminese invitava tutti i sacerdoti e tutte le parrocchie a ricordare in tutte le Messe domenicali le vittime, le famiglie e la nazione francese: “Non stanchiamoci di chiedere al Signore la conversione degli esecutori e dei mandanti”, mons. Lambiasi si avvicinava a quell’atto disumano con una riflessione in cinque punti.
“Non c’è nulla, non c’è assolutamente nulla che possa giustificare un crimine così terribile e una barbarie tanto devastante. Nessun motivo razionale può legittimare un fenomeno assurdo e irrazionale: il terrorismo. Irrazionale perché assurdo, e assurdo perché disumano. Bisogna quindi fare ogni ragionevole sforzo per assicurare alla giustizia i responsabili – esecutori e mandanti – ed evitare che possano ripetersi episodi di una ferocia tanto bestiale”.
Secondo. La costernazione e l’indignazione degli uomini di buona volontà è condivisibile, “ma preghiamo e operiamo perché la risposta più alta a quanto accaduto non venga da una emotività più che giustamente risentita ma sia affidata alla sana ragione”. Non possiamo e non dobbiamo cedere alla tentazione della paura e alla logica illogica della violenza. “Così si finirebbe per fare il gioco del terrorismo più crudele e disumano. Adottare lo stesso inano sistema del terrore equivarrebbe a firmare la nostra sconfitta di uomini civili”.
Terzo. Nei giorni dello sgomento e del terrore non dobbiamo perdere il più elementare senso di umanità; “se possibile, dobbiamo accrescerlo. – rilancia il Vescovo – È parte del senso di umanità non confondere misericordia con buonismo, mescolare indignazione e violenza, legittima difesa con l’odio e la rappresaglia. Se il terrorismo va condannato «senza se e senza ma», altrettanto nettamente va condannato il fenomeno del commercio delle armi che attraversa le frontiere dell’occidente e dell’oriente, e costituisce una forma perversa di globalizzazione, destinata a ritorcersi contro gli stessi paesi esportatori”.
Va alimentata la consapevolezza che la risposta più seria e più efficace al terrorismo “non è il nostro più tetro e più triste nichilismo, espresso in uno slogan raggelante che da diversi anni ancora si legge su un muro laterale nei pressi della nostra università: Produci – Consuma – Crepa(!)”. Da qui l’interrogativo: “che cosa sta offrendo ai nostri giovani la «cultura dello scarto»: gonfia di tutto e piena di niente?”.
Il quinto punto è una preghiera. O una chiara direzione di cammino e una decisa assunzione di impegno, per chi di pregare non se la sente.
Paolo Guiducci