Sempre Bond, solo Bond! Ai detrattori della spia creata da Ian Fleming, si risponde con le cifre (Skyfall è stato lo 007 con i maggiori incassi di tutta la serie) e la qualità del prodotto, nonostante i 24 titoli (più i due “non ufficiali”) dal 1962, con Spectre ultimo arrivato, nuovamente diretto da Sam Mendes. Quarto episodio con Daniel Craig (e ora? Mollerà la licenza d’uccidere e darà il via alla solita solfa del “toto-Bond”?) impegnato a smantellare la malvagia organizzazione guidata da un misterioso villain caratterizzato con sadica precisione dal due volte premio Oscar Christoph Waltz. Durante i 148 minuti di film che si “bevono” tutti di un fiato, proprio come Bond si scola i suoi Martini Vodka (questa volta provano a convertirlo ai succhi “bio”…), aperti da una dinamica sequenza a Città del Messico con vorticoso piano sequenza e lotta a tre su un elicottero impazzito di grande tensione, si ritrova tutto lo spirito “bondiano” con qualche azzardo (le implicazioni familiari) ma con il respiro classico che riprende situazioni canoniche della serie: battaglie sui treni, inseguimenti sulla neve, la fortezza inespugnabile del cattivo e indispensabili scene a Londra, con 007 in azione e M (Ralph Fiennes) in guerra con i burocrati che vogliono affossare il progetto “doppio 0”. Location da ammirare, comprensive della “città eterna” Roma (dove spunta Monica Bellucci, vedova consolata dall’infallibile agente), i personaggi canonici del ciclo (gli indispensabili Moneypenny e Q) e la Bond-girl di turno, l’attrice francese Léa Seydoux.
Classico, imperturbabile, accattivante: il brand 007 resiste nel tempo (questo è il film più costoso del ciclo), così come la gloriosa Aston Martin (alla fine 007 preferisce la versione vintage), il resto è puro divertimento.
Il Cinecittà di Paolo