“…un sacco di cenere non accende nessuna fiamma, ma allo Spirito del Risorto basta una sola fiamma per accendere il fuoco del cenacolo. Mille candele spente non ne accendono nessuna. Due, tre candele accese ne accendono cento e perfino mille. Ecco l’essenziale della nostra missione straordinaria: è ravvivare il fuoco dell’amore di Gesù nel nostro cuore e nelle nostre comunità. È rituffarci nel nostro battesimo”. Ci sentiamo coinvolti nell’analisi e nell’esortazione contenuti in questi passi dell’omelia del vescovo Francesco a San Gaudenzo.
Due, in particolare, i motivi di interesse. Nella vita delle parrocchie o delle zone pastorali, capita di sentirsi “minoranza”: mi riferisco soprattutto agli adulti dei piccoli gruppi o alle associazioni poco numerose, magari appena nate, nelle quali può essere sentita la tentazione di contarsi e, come conseguenza, compiangere la propria esiguità e non sentirsi significativi.
Si avvicina il rinnovo dell’adesione: questo è il primo momento da vivere con consapevolezza missionaria: l’AC, anche quando è “piccola” nel numero, è il segno pubblico e lo strumento di una Chiesa fraterna, serva ed umile, attenta alla vita della comunità cristiana e del mondo. La prima forma di missione è quindi esserci, con consapevolezza ed impegno.
Riguardo alla vocazione battesimale dei laici, l’Azione Cattolica continua a scegliere, per i suoi aderenti – ma anche per quelli che non lo sono – il valore educativo e testimoniale dell’aggregazione, che rende visibile la vocazione stessa, la costituisce come scuola di ecclesialità e di umanità fraterna e solidale.
Inoltre bisogna considerare che tutti i luoghi in cui i laici sono impegnati nella missione quotidiana del Vangelo, la famiglia, il lavoro, la scuola e gli altri ambiti sociali, sono spesso contesti “di dispersione”: per vivere in essi, occorrono occasioni di discernimento, dai quali ognuno possa trarre, nella sua coscienza e responsabilità, il giudizio su ciò che accade e le ragioni di scelte personali coerenti ed identificabili come cristiane. Di questo la Chiesa stessa ha bisogno, per essere esperta di laicità, attenta al mondo, aperta alla gente ed alla sua vita.
Riguardo al “ravvivare il fuoco”, torna alla mente San Paolo: “ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te” (2 Tim 1, 6), in cui è contenuto tutto, il dono della salvezza e la vocazione alla santità, la necessità di custodirlo e di ravvivarlo, nell’ascolto della Parola, nella preghiera e nell’intimità con il Signore.
Così come ho aperto, chiudo con una citazione, stavolta del cardinal Martini, nell’intervista pubblicata postuma: “<+cors>Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala?…Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque<+testo_band>”. Questo è l’auspicio fondamentale per tutti noi, augurarci di ritrovare e far ardere questo fuoco, perché possa divampare l’incendio!
Mirna Ambrogiani,
Presidente diocesano