Dallo scorso 26 settembre, la Casa circondariale di Rimini ha uno spazio ludoteca, una stanza adiacente alla sala dei colloqui in cui i bambini potranno giocare e avere un momento di svago quando verranno a trovare i loro papà in carcere. È una sala grande, con un angolo giochi, le pareti coi disegni realizzati dai detenuti e tanti tavoli e sedie (donati da Ikea). Le immagini sul muro raffigurano aperture, scale che salgono nell’azzurro, verso una libertà che qui dentro sembra stridente, ma che rende questa illusione ancora più affascinante.
All’inaugurazione i primi ad entrare siamo stati noi giornalisti (pochi, a dire il vero, troppo pochi per una bella notizia, rispetto alle folle di block-notes che assaltano il carcere ogni qual volta c’è uno scandalo o una notizia di nera dovuta alla cattiva organizzazione), alcuni agenti, personale delle associazioni di volontariato, qualche politico, un animatore e altri membri dello staff del carcere.
Che percorso! Per arrivare in ludoteca il percorso è lungo. All’ingresso si lasciano i documenti e il cellulare. Poi un primo agente apre una porta metallica e si oltrepassa la grande cancellata esterna. Ci si ritrova in un vasto cortile interno; all’orizzonte sbarre e cancellate. Qui c’è la sezione a custodia attenuata Andromeda. Poi attraverso un’altra porta metallica si viene scortati in un secondo cortile interno, circondato da altre mura con delle guardiole. Una nuova porta conduce nella palazzina con la sala colloqui. Al piano superiore ci sono le celle. Si sentono le chiacchiere dei detenuti. Un altro poliziotto apre la porta e ci fa passare. Solo quando la porta si chiude alle spalle viene aperta quella di fronte. Un passo alla volta. E alla fine si arriva nella sala dei colloqui e nella ludoteca, con le pareti aperte dalla pittura su un cielo azzurro che sabato mattina, però, è coperto da nubi.
“Immaginate questo percorso fatto da bambini – ci dice Ilaria Pruccoli, una volontaria Caritas che un sabato al mese sarà in ludoteca per coinvolgere i piccoli in attività di gioco – per arrivare ad incontrare il proprio papà che magari non vedono da un mese. Per questo è stata realizzata la ludoteca, per creare un ambiente più piacevole, adatto a loro, dove possano sentirsi di nuovo bambini insieme ai loro genitori”.
La famiglia per il proprio riscatto. Siamo ritornati nella ludoteca. Ora arrivano anche i detenuti, in attesa delle loro famiglie. Si chiacchiera, ci si conosce. La situazione ha una leggerezza che pare fuori luogo tra queste mura. Poi si aprono le porte. Ma nessuno esce. Entrano i familiari, i bambini, di corsa, e corrono in braccio ai loro papà. Più calmi gli adolescenti, ma vanno a finire sempre nell’abbraccio dei loro padri, insieme alle mogli. Cerchiamo di evitare la retorica, ma è un momento toccante. Se è vero che nelle persone albergano bene e male in diversa misura, e che tutti siamo buone e cattive persone, criminali e bravi cittadini, ecco, qui di criminali non ce ne sono più. Solo persone, genitori, padri che gioiscono nel ritrovare e rivedere le mogli e i figli. Bando al buonismo, i sentimenti si sciolgono in fretta, ma quello che succede ha un valore importante, come ripete il direttore del carcere Paolo Madonna.
“Il momento dell’affettività, in carcere, è fondamentale. Il rafforzamento del rapporto coi figli aiuta il riscatto delle persone. Capita che all’esterno molti si estranino dal loro ruolo, soprattutto se hanno dipendenze. Ma se c’è un dato trasversale qui all’interno del carcere, è che l’affettività familiare è il traino per il riscatto e il cambiamento. E il carcere deve fare di tutto per aiutare e accompagnare questa tendenza, deve creare le sinergie per permettere a questo sentimento di svilupparsi e germogliare”.
Le realizzazione della ludoteca – e dello spazio attrezzato all’aperto con tavoli e giochi – è stata resa possibile grazie al contributo del progetto “Generazioni Solidali” del centro di servizio di Volontariato della Provincia di Rimini, in collaborazione col Centro di Ascolto Caritas. Alla presentazione era presente anche il vice sindaco di Rimini Gloria Lisi, che ha sottolineato come la vita della casa circondariale non debba essere distaccata da quella della città.
“Ricordiamo che il Comune finanzia anche le attività del centro per le famiglie e invito i futuri ex detenuti e le loro famiglie a continuare il percorso familiare con noi”.
La ludoteca fa parte delle iniziative volte a rendere il carcere un luogo più umano, e soprattutto una struttura che realmente possa recuperare le persone e non svolgere un ruolo punitivo.
“A me dispiace – ci dice una guardia che ci accompagna nella visita e ci offre un caffè (era la ricetta di Ciccirenella?) – che da fuori in molti ci vedano come uno strumento vendicativo. In realtà noi facciamo parte del percorso riabilitativo del detenuto. Lavoriamo assieme a loro affinché il periodo passato qui dentro serva davvero a recuperare quanto perso fuori”.
I ruoli socialmente utili.
Tra le altre attività, il direttore Paolo Madonna e l’educatore penitenziario Amedeo Blasi ci parlano del protocollo che permetterebbe fino a 5 persone di lavorare per il Comune di Rimini in ruoli socialmente utili. Attualmente però, solo una persone gode di questo trattamento.
“Ed è un peccato – chiosa il direttore – perché queste persone avrebbero provveduto a lavori utili, come la pulizia dei muri, oltre a vivere un’esperienza che poteva essere un primo passo verso la ricostruzione di una propria identità sociale”.
Ma ci riproveremo, dicono assieme Madonna e Blasi.
Ancora per il prossimo anno saranno attivati i corsi della Regione insieme all’Enaip per 21 detenuti per operatori di di sentieri montani, panificazione e pastificio e pasticceria, con stage e tirocinio formativo. Poi i corsi di alfabetizzazione e scuola media, laboratori teatrali, un corso di attività cinofila, fotografia e molto altro.
Finita l’intervista col direttore e l’educatore, la festa continua nella ludoteca e nella sala dei colloqui. Un’animatrice mette la musica per i bambini, che in parte giocano, leggono – tra cui un libro dell’Assistente Capo di Polizia Penitenziaria Silvio Blasi – e stanno tra loro. Anche per i poliziotti sembra festa. Così come per i volontari che partecipano alla vita dei detenuti. Sarà la musica, le voci dei bambini, le patatine e gli aquiloni, ma ci si dimentica per un po’ di essere in carcere, almeno fino al momento di uscire (per chi può uscire). Il tragitto inverso è sempre fatto di poliziotti da chiamare, punti da attraversare, controlli, doppie porte sincronizzate (prima una si chiude, poi l’altra si apre), fino a ritrovarsi fuori dalle sbarre.
Stefano Rossini