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Margherita e il sogno chiamato… mondo

Nessuno più di lei può essere definita una cittadina del mondo. Perché partendo da Rimini ha viaggiato per l’intero globo: dall’Europa, all’Asia passando per l’America. Un po’ per piacere, un po’ per lavoro. Trent’anni, un sorriso contagioso, Margherita Gaffarelli in questo momento è in Australia.

Ci racconti come ti è nata questa passione?
“Dopo aver frequentato lo scientifico a Riccione ho preso una laurea triennale in Graphic Design alla Libera Accademia di Belle Arti di Rimini, poi un master specialistico in Communication Design all’Accademia Naba di Milano e ho fatto l’Erasmus in preparazione della tesi di laurea alla University for Creative Arts in Inghilterra con indirizzo Animation e corsi di specializzazione per gestione del personale alla University of Reading e per Innovation Enterprise alla Loughborough University. Vengo da una famiglia di viaggiatori e l’idea di stare sempre nello stesso posto non mi è mai andata a genio. Ho viaggiato tanto in Europa e in America prima di andare all’università, e appena ho iniziato a lavorare ho iniziato a investire le risorse guadagnate in voli, treni e auto a noleggio. Dovrei aprire una agenzia di viaggi se questo non volesse dire stare in un ufficio”.

Inghilterra, Messico, Svezia, America… la tua casa è il mondo.
“Ho abitato sei anni a Londra dove mi sono trasferita e ho iniziato a lavorare subito dopo gli studi. Ho un debole per i paesi scandinavi, Svezia in primis, più per il loro design flair che per il clima. In America sono stata negli Stati Uniti e in Messico, mentre sto proprio ora esplorando il South Pacific, l’Indonesia e le Filippine. Sono appena tornata da un viaggio di 11mila chilometri sulla strada attorno all’Australia, un vero sogno che mi portavo dietro da una decina di anni e che sta mettendo alla prova una serie di paure legate all’idea di libertà e di sicurezza”.

Per una giovane come te non deve essere stato facile mantenersi.
“Fortunatamente la voglia di lavorare non mi è mai mancata. Vengo da una famiglia di bagnini e ho fatto il salvataggio per 5 anni prima di iniziare l’università. Successivamente ho fatto l’internista in gallerie d’arte a Ravenna e Milano, ho fatto da runner in studi di produzione artistici e video a Londra, poi ho iniziato a collaborare con ricercatori in agenzie di trend forecasting come designer alla realizzazione di pubblicazioni per multinazionali come Colgate, Coty, Diageo, Kraft, P&G, Sony, Unilever, Virgin Atlantic. Ho realizzato anche uno dei miei più grandi sogni nel cassetto ovvero lavorare per la Disney. Ho sempre desiderato diventare un animatore, così ho cambiato ambito e ho collaborato con uno studio di animazione a Londra che affiancato a delle agenzie di Los Angeles mi ha permesso anche di lavorare alla realizzazione di due corti per Disney Channel. Successivamente mi sono spostata in ambito digitale e come visual designer sono entrata a fare parte del team di FutureLearn, una startup fondata dalla Open University con sede dentro la British Library. Lì ho iniziato tutto un altro percorso di senso che, assieme alla passione per il digitale, ha permesso al mio team di creare non solo una piattaforma che permette alle persone di realizzare i propri sogni tramite percorsi di studio gratuiti, ma di vincere una serie di premi e riconoscimenti internazionali che ci hanno mostrato che la strada che stavamo percorrendo era quella giusta. All’apice della mia carriera ho però sentito che dovevo fare quel famoso viaggio in Australia. Così col mio compagno abbiamo lasciato i nostri lavori e tutte le stabilità del caso per un continente completamente nuovo ed esattamente dall’altro lato del mondo. Qui, il lavoro è arrivato subito per entrambi nell’ambito del design, ma per sostenere le spese degli spostamenti in questo continente gigante, abbiamo arrotondato e fatto di tutto”.

Cosa ti manca di più?
“I miei genitori e i miei amici. L’Italia? Sulla carta non avrebbe niente da invidiare all’estero. E tutti fuori ci amano, ma gli italiani non lo capiscono: l’atteggiamento generale è più di combattersi anziché collaborare per cambiare le cose. Secondo la mia esperienza, all’estero ho trovato molte più persone che hanno meno voglia di lamentarsi e più voglia di fare”.

Francesco Barone