Un lungo corridoio, su cui si aprono sei piccole stanze: in ognuna giusto lo spazio per una postazione computer con un paio di sedie. Intorno, dappertutto, scaffali e scaffali, fino al soffitto: sopra non ci sono libri, ma vecchi vhs e cassettine, i nastri dv cam, che oggi non si usano più. Il digitale ha fatto una rivoluzione, in questa come in altre professioni, ma non ha cambiato la passione che serve per fare un lavoro come questo.
Lo senti appena varchi questo corridoio. In una delle stanze si sta finendo di montare un servizio per il tg locale; in un’altra, una giornalista e un tecnico discutono lo storyboard (sequenza narrativa) per il prossimo servizio della trasmissione di attualità L’aria che tira di La 7. In un’altra ancora, ci sono gli studenti di una scuola superiore di Aversa, in provincia di Napoli: ascoltano un regista che spiega i segreti del mestiere del documentarista.
Una giornata come tante a Bottega Video. Siamo al centro di Rimini, secondo piano di palazzo Marvelli, a pochi passi da piazza Cavour. Qui, oltre alla casa di produzione video, ci sono anche gli studi – radiofonici e televisivi – di Icaro, e le redazioni di newsrimini.it e de Il Ponte.
Qui c’è sempre qualcuno che parte, e qualcuno che torna da un viaggio. Tunisia, Albania, Repubblica Domenicana, Perù e Filippine. Di viaggi ne ha fatti tanti Enrico Guidi quest’anno, uno degli operatori di ripresa di Bottega, ingaggiato per il programma Radici, l’altra faccia dell’immigrazione, in onda dal 3 luglio per sette venerdì a mezzanotte su Rai3. Un programma in cui i migranti che tornano nelle loro terre natali le esplorano e le raccontano insieme al giornalista Davide Demichelis, soffermandosi anche su come vivono le comunità in Italia. Inutile dire del valore di servizio pubblico per la Rai di una trasmissione come questa, mandata in onda mentre si parla della lite europea sui migranti, di nuovi muri eretti per fermare i flussi, del terrorismo che allunga le distanze: anche per i luoghi a pochi chilometri da noi. Come la Tunisia, appunto, nuovamente ferita in questi giorni, dopo l’attentato del marzo scorso: l’immagine dei muri bucati dai proiettili al museo del Bardo, uno dei luoghi in cui è stata la troupe nei mesi scorsi, è quella forse che Enrico ricorderà più a lungo di questi viaggi.
Radici è un programma che incontra anche il favore del pubblico: per esempio di quello in rete, che attraverso un sondaggio sul sito del quotidiano La Stampaha decretato la passata edizione miglior programma del 2014.
Le repliche sono state trasmesse più volte, anche domenica 21 giugno: quella stessa sera, su Rai 1 c’era in onda lo Speciale Tg1 dal titolo “Matera prima”, del giornalista Nevio Casadio: anche quello il prodotto del lavoro di una troupe di Bottega, fotografia di Marco Colonna.
La “vocazione”. Sensibilità e attenzione per i temi sociali, quelli che spesso è più difficile raccontare rispetto alla cronaca o al reportage: questa è una ricchezza acquisita con l’esperienza di tanti anni di collaborazione, per esempio, con Tv2000, la televisione della Chiesa Italiana. Per la loro trasmissione del pomeriggio, Siamo Noi, molto attenta ai temi del lavoro nell’Italia della ripresa che si dice sia arrivata ma ancora non si vede, Bottega e la redazione giornalistica di Icaro, quest’anno, hanno portato spesso l’attenzione nazionale sui racconti del mondo delle aziende virtuose del territorio romagnolo.
Grandi produzioni per la tv ma non solo: sette giorni su sette, dodici mesi all’anno, in una casa di produzione come questa si costruiscono i video più diversi: dai servizi di cronaca e attualità per i grandi network nazionali, ai video per la comunicazione delle aziende locali, che oggi sempre più spesso passa dai social network. Una nuova frontiera rispetto a cui, da tempo, il gruppo Icaro Communication – di cui Bottega Video fa parte – si è attrezzato, applicando ai social la propria esperienza.
Un nuovo mondo le cui potenzialità non vengono sempre colte dalle aziende, o, quando lo sono, si vanno a cercare altrove, da grandi agenzie che lavorano a 360 gradi sulla comunicazione, un po’ a catena di montaggio. “Il paradosso è proprio questo” spiega l’amministratore delegato di Icaro Communication Francesco Cavalli: “ci chiamano da tutta Italia per i programmi che richiedono altissimi standard professionali, e otteniamo riconoscimenti a livello nazionale, mentre il territorio in cui nasciamo e operiamo a volte non se ne accorge”. (s.s.)