Ah, il giornalismo di una volta, quello “eroico”, senza social network di mezzo, senza quell’odierno gusto malsano per il gossip e la vocazione alla “bufala”. Nel 1996 Gary Webb, cronista del San José Mercury News mise in luce con la sua inchiesta i legami sporchi tra CIA, mercato della droga sudamericano e finanziamento dei Contras, il movimento contro-insurrezionale in Nicaragua. Una brutta storia, bruttissima raccontata in un’inchiesta “fastidiosa”. Per questo Webb, insignito del premio come giornalista dell’anno, diventa oggetto di una campagna di persecuzione che lo costringe ad accettare modesti articoli di cronaca in un “invisibile” quotidiano locale. Scomparso nel 2004 per un presunto suicidio mai effettivamente chiarito, Webb aveva visto giusto: la CIA ammise le proprie colpevolezze, proprio mentre l’America seguiva lo scandalo Lewinsky, insabbiando di fatto gli scheletri nell’armadio dell’agenzia di intelligence.
La storia di Webb ora ritorna in auge con La regola del gioco diretto da Michael Cuesta (che ha lavorato tanto in tv per Six Feet Under e Dexter) e scritto da Peter Landesman. Il coraggioso reporter, interpretato da Jeremy Renner, si batte per la verità ma deve lottare contro un sistema che tende a nascondere le notizie fondate, in un panorama informativo dove gli editori si preoccupano di far quadrare i conti, la concorrenza cerca di screditare i giornalisti e gli affari di Stato non possono venire toccati da uno scribacchino paladino della giustizia.
Accanto a Renner, in questo solido film, compaiono tra gli altri Rosemarie DeWitt, Paz Vega, Andy Garcia e Ray Liotta impegnati a mettere in scena una densa ragnatela di verità nascoste e complotti all’ombra della democrazia, con al centro un uomo “armato” solo di penna e taccuino.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani