Non sono un cultore di Facebook, ma a volte mi piace “postare” qualcosa. In occasione della Giornata della Memoria, ho condiviso le parole di Martin Niemöller, teologo e pastore protestante tedesco, divenuto fiero oppositore al nazismo. “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.
L’amarezza del pastore protestante va certamente posta in un contesto culturale e politico assai diverso da quello attuale ma la forza del suo messaggio resta immutata. Quando in questi giorni ascolti tanti discorsi, al bar o in fila dal medico, in tram e anche nel consiglio pastorale, ti chiedi se non stia davvero accadendo qualcosa di brutto di cui non abbiamo piena coscienza, quando liberiamo la lingua, senza farla seguire dalla ragione. Senza pensare alle conseguenze di certi pensieri, alla cattiveria che trasudano, zeppi come sono di luoghi comuni, disinformazione, incapacità di vedere i fatti nella loro realtà, certo drammatica, ma più per chi la vive che non per chi accoglie. C’è chi, ogni istante, soffia sul fuoco, alimenta nuove tensioni, a volte costruite ad arte, chi spinge ogni giorno ad alzare muri, fatti di paura, cecità, egoismo.
Per fortuna abbiamo Papa Francesco che continuamente ci spinge a rompere il cerchio del proprio “ego” e ripartire, a “fare ponti laddove c’è l’abitudine a creare muri”. Non per “buonismo” (accusa abusata da rispedire al mittente), ma perché l’accoglienza è Vangelo, e anche giustizia, necessità di pace.
“Noi – dice il Papa – possiamo osservare esperienze tra loro opposte. Da una parte, storie stupende di umanità, di incontro, di accoglienza; persone e famiglie che sono riuscite ad uscire da realtà disumane e hanno ritrovato dignità, libertà, sicurezza. Dall’altra parte, purtroppo, ci sono storie che ci fanno piangere e vergognare: esseri umani, nostri fratelli e sorelle, figli di Dio che, spinti anch’essi dalla volontà di vivere e lavorare in pace, affrontano viaggi massacranti e subiscono ricatti, torture, soprusi di ogni genere, per finire a volte a morire nel deserto o in fondo al mare” o come accade oggi nei bivacchi delle stazioni e dei confini d’Italia respinti da un mondo, un futuro, che li rifiuta. “È un atteggiamento cinico – prosegue Papa Francesco – proclamare i diritti umani e, contemporaneamente, ignorare o non farsi carico di uomini e donne che, costretti a lasciare la loro terra, non sono accolti dalla solidarietà internazionale”.
Giovanni Tonelli