Per tre giorni vescovo, sacerdoti e, per una serata, anche laici si sono confrontati sul tema della Missione Diocesana straordinaria che inizierà il prossimo ottobre, con la festa di San Gaudenzo.
L’inizio della Tre Giorni è stato dedicato alla presentazione delle coordinate principali e al confronto. Il compito è stato affidato al Vicario per la pastorale don Tarcisio Giungi, che ha proposto il lavoro dell’équipe diocesana per il coordinamento della missione.
La proposta è volutamente non troppo definita, proprio per non chiudere in schemi prefabbricati e teorici quello che è lo specifico della Missione, cioè l’annuncio del Vangelo, annuncio che passa necessariamente attraverso un incontro vivo e vitale con Gesù. Per questo alcuni hanno definito la proposta un po’ troppo generica, ma altri al contrario, troppo “ingabbiante”. Davvero difficile mettere d’accordo tutti.
L’obiettivo comunque è “avviare processi ecclesiali di riforma e di uscita missionaria“, del resto già indicati da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, che resta il documento di riferimento.
Non vengono annunciati obiettivi particolari se non quello di avviare un cammino di revisione e di rinnovamento della pastorale ordinaria. Saranno le singole comunità, o ancora meglio le Zone Pastorali, chiamate ad essere protagoniste, ad indicare forme e modalità che lo Spirito vorrà suggerire nella sua continua e dinamica creatività, di cui la Chiesa riminese, pur brontolona e in perenne litigiosità, è ricca.
L’équipe ha indicato tempi e processi della Missione. I primi (fino alla quaresima 2016) sono dedicati al discernimento (parola ecclesialese che indica il “vedere” e il “giudicare”, la “lettura sapienziale” della realtà, molto necessaria in una sitazione “confusa” come quella attuale). Qual è la realtà e cosa cambiare alla luce del Vangelo per un’azione pastorale più missionaria?
Letta la situazione viene proposta la formazione, uno dei concetti più contestati, perché si dice che “per annunciare Gesù basta averlo nel cuore, non occorre una scienza particolare”, affermazione che è diffcile non condividere, ma che non preclude all’approfondimento del cammino di fede, affinché il dono della testimonianza sia ricco anche di coscienza. Qui l’unica indicazione, precisamente proposta, è relativa agli animatori delle piccole comunità missionarie, che comunque possono assumere volti profondamente diversi secondo le tipologie (di vicinato, di ambiente, di movimento e di cammino condiviso…). Ma siamo solo all’inizio del confronto.
Giovanni Tonelli