Col tempo uno cambia il modo di vedere le cose. A lungo ho pensato che Rimini fosse stata un’ingrata nei confronti del suo grattacielo, costruendo in uno slancio metropolitano quel sandrone in mezzo alla città per poi lasciarlo tutto solo senza compagnia. Ora invece penso che se fosse stato costruito un altro grattacielo sul lungomare di Marina centro, come pareva fino a qualche anno fa, sarebbe stato un disastro. Ma non per questioni urbanistiche o di idea di città che dir si voglia. È che noi riminesi siamo contraddittori, schizofrenici, frammentati (ricordo che alle ultime amministrative c’erano dodici candidati a sindaco, casomai a questo giro si volesse battere il record) e abbiamo bisogno di pochi ma precisi riferimenti. E il grattacielo per i riminesi è <+cors>il<+testo_band> riferimento: a seconda di dove lo vediamo sappiamo dove siamo. Poi è arrivata anche la Ruota, ma ci può stare perché un punto A e uno B danno un senso di prospettiva. Ma se nel panorama – o skyline che dir si voglia – si fosse aggiunto un terzo punto saremmo andati in palla: troppi punti cardinali, già che siamo il sud del nord e il nord del sud, e troppe variabili che ci avrebbero innervosito più che d’abitudine. Provate a immaginare se per un giorno solo diventasse invisibile: ci sentiremmo spaesati e con le spalle scoperte. E allora teniamoci il grattacielo, cui tra l’altro a breve sarà dedicato anche un film. Sarà pur brutto e trasandato, ma il perno è il perno.