Colori d’India. Riapre il “Marigold Hotel”, sempre per la regia di John Madden, forte del successo insperato raccolto in vari paesi (tranne che in Italia dove il film del 2012 è passato in sordina): per Ritorno al Marigold Hotel il cast dei personaggi (ricavati dal romanzo di Deborah Moggach) è confermato (manca lo scomparso Tom Wilkinson) e l’irrefrenabile Sonny (Dev Patel) deve affrontare le imminenti nozze con la bella fidanzata Sunaina (Tina Desai), gestire gli ospiti e preoccuparsi delle ambizioni di allargamento, con tanto di ispettore alberghiero in incognito per il controllo. Sarà forse l’affascinante scrittore Richard Gere? Nelle due ore di film, scritte da Oi Parker, troviamo tanto e forse anche troppo, nell’elaborazione di una trama fitta di situazioni dove i “vecchietti” vivono nuove giovinezze, pur consapevoli dell’implacabilità del tempo che passa. Così le relazioni degli ospiti con i capelli bianchi del Marigold Hotel si intrecciano e si complicano, tra affetti, gelosie, tradimenti, incertezze e consapevolezze di essere sull’inevitabile “viale del tramonto”. Se il personaggio di Dev Patel appare fin troppo caricato e Gere continua a sbattere gli occhi spaesato in terra indiana, giocano a favore del film i duetti “tutta classe” tra Maggie Smith e Judi Dench, la sorniona aura british dell’impacciato Bill Nighy e il resto del cast.
Tra le bellezze dei luoghi, i colori sgargianti delle stoffe, i caratteristici “Tuk-Tuk” che scarrozzano turisti per le vie di Japur e il finale con inevitabile balletto in stile “Bollywood”, la nuova visita al Marigold Hotel, pur con i difetti di una confezione a tratti troppo “caramellosa”, regala un paio d’ore di scorrevole visione. Sottolineando perlomeno che l’amore non si spegne mai, nemmeno dopo i settanta.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani