Nel gergo informatico un “Blackhat” è l’hacker più temuto, quello in grado di penetrare in qualsiasi sistema e provocare danni enormi. Nel nuovo film del sempre notevole regista Michael Mann (sceneggiatura firmata da Morgan Davis Foehl), di ritorno a sei anni da Nemico pubblico, il Blackhat in questione tiene in scacco la comunità internazionale facendo prima saltare un reattore nucleare in Cina e poi facendo impazzire il mercato azionario alzando a dismisura il prezzo della soia. L’unico in grado di fermare il minaccioso pirata telematico è Nick Hathaway (Chris Hemsworth) rinchiuso in carcere per sofisticate truffe on-line. Nick diventa l’uomo chiave per scoprire le vere intenzioni dell’hacker, in una cyber-spy story di tesa costruzione narrativa, con il suo bravo dosaggio tra inquietudini contemporanee, spauracchi digitali, i laceranti ricordi dell’11 settembre, parti romantiche, sparatorie come non se ne vedevano da tempo, “coreografate” con la giusta intensità e una resa dei conti finale di arcaico sapore fisico, che si sostituisce al duello sulla rete che tiene banco per la gran parte dei 123 minuti di svolgimento.
Oltre al biondo Hemsworth che mette da parte il martello del biondo Thor (ma tornerà a farlo roteare nell’imminente The Avengers 2-The Age of Ultron) e si mette a cliccare tasti sul computer, il cast e di ottimo livello, impegnato in un film serrato che mostra, tra la quasi fantascienza dei “duelli digitali” e il realismo della carne, del sangue e del cuore che entrano in gioco nella battaglia, le paure legate ad una rete informatica fragile e non inviolabile, presentando un mondo dove scorrono dati, codici e password in un universo parallelo con il quale dobbiamo fare i conti ogni giorno.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani