Elegantissimo, in giacca e cravatta, un cappello a falde tese, la barba folta e curata, Rav Joseph Levy entra subito nel merito. “La distruzione del tempio è dedicato alla figura di Giuseppe Flavio, un ebreo divenuto romano, un «traditore». Il pensiero corre ad un altro traditore, quello tracciato da Amos Oz nel suo ultimo libro Giuda, per la difficoltà di definire il concetto di traditore e di rappresentarlo. Giuseppe Flavio è una figura storiografica importante, una delle pochissime voci del I secolo. Ma il suo è un racconto disinteressato degli eventi o piuttosto una narrazione aggiustata? A distanza di 2000 anni, la storia della Giudea suscita ancora tanta passione e altrettanta curiosità. Ciò può mettere in crisi i nostri parametri di particolarismo e universalismo”.
Il rabbino capo della comunità di Firenze, già ospite in passato della comunità di Montetauro, è stato il protagonista, insieme a don Davide Arcangeli, di un incontro “storico” al Museo della Città (nella foto con Mario Guaraldi, a dx). Ebrei e cristiani allo stesso tavolo a comunicare in modo fraterno e senza ipocrisie. E con qualche certezza in più: “passi importanti sono stati compiuti. Si può proseguire, studiando le fonti. E dialogare con l’Islam è una necessità”.
Lion Feuchtwanger oggi come ottanta ani fa, pone interrogativi alla cultura ebraica, e non solo.
“C’è chi è per l’ebraismo riformato, per l’assimilazione e l’acculturazione, e chi, – come me – ha scelto l’ortodossia: l’importante è tramandare alle generazioni la grandezza del messaggio biblico”.
Ebrei e cistiani.
“Il confronto tra mondo greco-romano ed ebraico, poi cristiano ed ebraico, è sempre stato attraversato da stereotipi quando non da aperte strumentalizzazioni. Oggi però ci sono buone notizie, il dialogo è avviato e assume da entrambe le parti prospettive nuove”.
E il dialogo con l’Islam?
“Bisogna valorizzare le diversità. Un ebreo di Gerusalemme come me, ha trovato un ambiente accogliente a Firenze. In questi anni ho dialogato con grande intensità con gli imam. Il messaggio profondo di ogni religione è per il bene dell’uomo”.
È passato poco più di un mese dall’attentato a Charlie Hebdo, ma sembra essere trascorso un decennio. Tutta l’attenzione internazionale si è spostata verso gli altri atti terroristici perpetrati e sulla possibile guerra in Libia. Rav Levi, qual è il suo giudizio?
“Son tempi difficili, caratterizzati da grande fluidità, c’è un gruppo che non è così grande e importante ma che vuole imporre a tutti una religione universale. Il pericoloso esiste. Per questo ci vuole fermezza, decisione, e sapere come affrontare questa situazione complicata anche perché ormai l’Isis si è insediato in tutte le città europee e statunitensi e non sappiamo cosa può accadere domani. È necessario un riconoscimento internazionale del pericolo e un’azione comune”.
L’incontro verteva su La distruzione del tempio dell’ebreo tedesco Lion Feuchtwanger che dà voce a Giusepe Flavio, lo storico giudeo ma cittadino romana, primo grande mediatore culturale tra mondo ebraico e mondo “occidentale”.
“L’autore ha scritto questo volume pochi anni prima dell’inizio della Seconda Guerra mondiale: è un libro profetico perché nei romani del I secolo, ad esempio, si intravvede la ferocia nazista. Inoltre, pur proponendo una religione universale sulla scia anche del vangelo, greci, ebrei e latini riuniti insieme sotto la stessa divinità, Feuchtwanger annuncia e segnala i pericoli della non consapevolezza della ricchezza e della particolarità dei popoli, della diversità dei popoli, un nodo ancora oggi attualissimo. Senza diversità non ci può essere universalismo e l’universalismo che non riconosce e non rispetta l’apporto che ogni persona può portare alla comunità civile, rischia di diventare totalitario.
Se devo avanzare una critica al libro, questa visione certamente di universalità del messaggio religioso e culturale forse non ha preso abbastanza in considerazione – proprio come la cultura romana di allora – che i popoli possano essere diversi, i messaggi svariati. Abbiamo valori comuni sui quali trovarsi d’accordo ma ognuno vive la vita sotto la sua vigna e sotto il suo fico, per utilizzare una terminologia antica”.
Intanto, in alcune parti del mondo, si parla ancora di guerre di religione.
“Spero vivamente che nel XXI secolo non avvenga tutto ciò. Nel cristianesimo e nel cattolicesimo c’è una nuova consapevolezza di dialogo e di rispetto dell’altro e di colloquiare, anche dell’ebraismo e dell’islam.
Esistono purtroppo gruppi di estremisti, di tutti e tre i monoteismi, a cui questa prospettiva di dialogo non piace e preferiscono una forma precedente di religione che si impone e crea problemi.
A questo punto della storia, dopo la Nostra Aetate, la Shoah e tutto il XX secolo, ritengo che siamo un po’ più saggi e faremo di tutto per mantenere la via del dialogo e dell’amicizia”.
Paolo Guiducci