Secondo i medici, Stephen Hawking doveva vivere solo due anni, per colpa di una malattia degenerativa che non perdona. Invece il brillante astrofisico è ancora sulla terra, ha scritto best-seller scientifici sull’universo e sul tempo, partecipa con sorprendente ironia a film, telefilm, spettacoli (la reunion dei Monty Python della scorsa estate), cartoni animati (I Simpson e Futurama), è pure nell’ultimo disco dei Pink Floyd, The Endless River<+testo> e a 72 anni si è potuto “permettere” tre figli e nipoti. Un miracolo se si pensa che il corpo è quasi interamente immobile, è in sedia a rotelle e la voce è sostituita da un computer. Ma la mente è vigile, incredibilmente intuitiva. A questa incredibile personalità è dedicato il film <+cors>La teoria del tutto<+testo> che esplora il progressivo degrado fisico del brillante studente di Cambridge, la sua relazione con la prima moglie Jane (con la quale mantiene una profonda amicizia) e la battaglia per restare in vita per continuare ad elaborare le sue teorie.
Ad interpretare Hawking è Eddie Redmayne, capace di mimetismo sorprendente in una performance dalla grande gestualità corporea. Jane è sostenuta invece da Felicity Jones. La pellicola racconta il calvario dello scienziato, il cervello che continua a lavorare senza sosta anche quando il corpo non risponde più, la dedizione della consorte vicina a lui nei momenti più difficili, le “esplorazioni” intellettuali nel cosmo e nel tempo. A tratti emerge più il “dietro le quinte” della non sempre facile vita coniugale (il film è tratto dal libro di Jane) e il racconto si raffredda, ma poi riprende a raccontare l’incredibile storia e quella sedia a rotelle diventa l’“astronave” di un uomo che supera confini impensabili per la mente muovendo in pratica solo un dito.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani