La sua è una storia che vale la pena raccontare. Perché parla di una giovane donna, mamma e ricercatrice, che ha vinto uno dei riconoscimenti più importanti a livello medico. Lei è la dottoressa Chiara Molinari di Savignano, 36 anni, madre di due bambini e moglie di un bancario. Una donna all’apparenza come tante. Sempre di corsa tra lavoro, famiglia e (poco) tempo libero. Eppure, durante il “19th World Congress on Advances in Oncology and 17th International Symposium on Molecular Medicine” di Atene, è stata una dei 15 ricercatori tra gli oltre 400 provenienti da tutto il mondo, ad aggiudicarsi il premio internazionale come migliore presentazione orale riguardante uno studio svolto all’Irst di Meldola. La dottoressa Molinari è una in biologia molecolare e cellulare e ha un dottorato di ricerca in scienze morfologiche umane e molecolari. Nonostante la giovane età è già una ricercatrice riconosciuta a livello internazionale per quel che riguarda la biologia molecolare dei tumori. Svolge la sua attività di ricerca a Meldola presso il laboratorio di bioscienze dell’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori. È specializzata nella ricerca di marcatori per la diagnosi e la prognosi di vari tipi di tumore, in particolare quelli che colpiscono il colon-retto. Proprio su quest’ultimo sta centrando maggiormente le sue ricerche.
Come è nata questa sua passione per la ricerca?
“Il giorno dell’iscrizione all’università ho scelto biotecnologie, forse dentro avevo già un qualcosa che mi spingeva a rendermi utile nel settore medico. Mi sono talmente appassionata che non ho più smesso”.
Quale è il suo obiettivo?
“Continuare a fare della ricerca sempre in modo migliore, cercando di conciliare al meglio il lavoro con la famiglia, senza il sostegno della quale non potrei far nulla”.
Perché ha scelto Meldola per la sue ricerche?
“Perché avevo la volontà di non andare troppo lontano dalla mia terra d’origine e nello stesso tempo volevo lavorare in un centro di eccellenza che potesse darmi spazio e farmi crescere”.
La cosa più difficile da realizzare?
“Vedere in concreto i risultati delle proprie ricerche applicate a chi ne ha bisogno. In Irst si fa una ricerca incentrata sul malato, che possa avere una ricaduta diretta su diagnosi e cura. Ma il percorso è sovente lungo e costellato di studi che spesso non danno i risultati attesi, ma che sono ugualmente importanti per potere trovare la via giusta verso il raggiungimento dell’obiettivo. Quello che facciamo sono solo piccole gocce in un mare, ma tutte insieme speriamo possano portare a qualcosa”
Quali sono i contenuti del lavoro per il quale ha recentemente ricevuto questo prestigioso riconoscimento?
“Si tratta di uno studio il cui scopo principale è quello di individuare molecole (biomarcatori) in grado di definire meglio chi può davvero trarre beneficio o meno dal trattamento standard per il carcinoma del retto localmente avanzato. Tale lavoro si inserisce in un più ampio progetto di ricerca svolto nel laboratorio di Bioscienze Irst che vede il coinvolgimento di biologi, oncologi, radioterapisti, patologi e chirurghi, afferenti all’Irst e all’Area Vasta Romagna. La mole di lavoro è enorme, ma con l’entusiasmo e il contributo di tutti speriamo di raccogliere presto buoni frutti”.
Ermanno Pasolini