Raphael, Gardo e Gabriel, detto “Rato” poiché vive nelle fogne: tre ragazzi delle favelas brasiliane, con le mani in mezzo all’immondizia per raccogliere tutto ciò che può essere venduto e guadagnare qualche misero spicciolo. Sono i protagonisti di Trash, nuovo film di Stephen Daldry, noto per Billy Eliott e The Hours che utilizza, con la complicità dello sceneggiatore Richard Curtis, il romanzo di Andy Mulligan adattandolo in un’opera ricca di interesse e dalla intensità narrativa. Tutto nasce dal ritrovamento di un portafoglio con contenuto scottante per un politico e così i tre ragazzi sono costretti a fuggire da un poliziotto brutale (il bravo Selton Mello) al servizio della corrotta amministrazione locale. Dalla spazzatura di Rio De Janeiro alle cadenti bicocche delle favelas, saltando sui tetti di case fatiscenti, inseguiti a perdifiato, i tre ragazzi (ben scelto il terzetto Rickson Tevez, Eduardo Luis e Gabriel Weinstein) non mollano, anche se rischiano la pelle, perché per loro “è giusto così”. Un missionario (Martin Sheen) e un’insegnante d’inglese (Rooney Mara) aiutano i tre avventurosi fanciulli, ma è il trio a doversi districare nei momenti più pericolosi arrivando ad una scelta finale tanto coraggiosa quanto quasi utopistica in un mondo segnato da egoismo e avidità.
Daldry firma un film avvincente, con un serrato plot da poliziesco e la voglia di combattere contro un sistema marcio. Gli si perdonano alcuni passaggi, mentre stride la versione italiana con inevitabile pasticcio linguistico (ad esempio l’insegnante di inglese con ridicolo accento britannico). Trash, premiato dal pubblico alla Festa del Cinema di Roma, offre uno sguardo deciso su un mondo povero che sa alzare la testa e reagire di fronte ai soprusi.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani