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La Chiesa e il grido dei poveri

Venerdì 28 Novembre alle ore 20:45, a Rimini in Sala Manzoni (Via IV Novembre 35) si terrà la Conferenza La Chiesa e il grido dei poveri. I relatori saranno mons. Giancarlo Bregantini (vescovo di Campobasso-Bojano) e il dott. Ferruccio De Bortoli(direttore del Corriere della Sera). Porteranno i loro saluti anche il dott. Ernesto Diaco (Vice Responsabile del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale) e padre Laurent Mazas(direttore esecutivo del “Cortile dei Gentili”), oltre al vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi.

Si tratta di un evento aperto a tutta la cittadinanza, pensato e ideato nello stile dei seminari “Cortile dei Gentili” (www.cortiledeigentili.it), ovvero come un’occasione di incontro e dialogo libero e rispettoso tra “coloro che non credono e coloro che si pongono delle domande riguardo alla propria fede”.
Il tema che sarà approfondito in occasione della Conferenza è preso dalla recente Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco, in particolare laddove il Papa parla della necessità di ripensare tutta l’attività pastorale (“conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno”, E.G. n. 25), a partire dai poveri come “luogo teologico” e come coloro verso i quali Dio ha una “preferenza divina” (E.G. nn. 48 e 198), e nei confronti dei quali avere un’“attenzione d’amore” (E.G. n. 199).
<+cors>ilPonte<+testo_band> in queste settimane ha pubblicato numerosi interventi di associazioni e comunità che intendevano così preparare questo momento di riflessione. Questa settimana ne proponiamo altri due.

Coi giovani per sorridere al domani

Con l’esortazione “Evangelii Gaudium” Papa Francesco riporta l’attenzione sulla centralità di “poveri, infermi, disprezzati, dimenticati” per la Chiesa.
Tra le tante forme di povertà, ce n’è una che sta particolarmente a cuore a noi educatori scout: l’incapacità per bambini, ragazzi e giovani di sperare, sognare e avere fede in un futuro migliore. Cosa significa allora rivolgere la nostra “attenzione d’amore” a questi poveri?
Innanzitutto mettersi nella condizione di ascolto incondizionato della loro vita, delle loro aspirazioni e delle loro difficoltà, farli sentire accolti per come sono, senza lasciarli “mai soli”.
Poi farci loro compagni di viaggio, e condividere il cammino sulle loro strade, dai campi da gioco ai pub, attraverso i dubbi dell’adolescenza sino all’impegno alle soglie dell’età adulta. Aiutarli a scoprire il loro valore, il loro essere un tesoro prezioso e il loro essere amati e chiamati. Creare luoghi, tempi e occasioni di incontro, con se stessi, con gli altri e con il Signore: spazi di gioco e di contatto con la natura, momenti di confronto per le grandi domande che solcano le menti delle adolescenti e dei loro coetanei. Ideare insieme a loro gesti di impegno concreto e quotidiano, che possano dare gambe alle grandi scelte per cominciare a ”trasformare la realtà terrena” con piccoli passi.
Con le parole di Don Tonino Bello diciamo che “Servire i giovani significa asciugare i loro piedi, non come fossero la pròtesi dei nostri, ma accettando con fiducia che percorrano altri sentieri, imprevedibili, e comunque non tracciati da noi. Scommettere sull’inedito di un Dio che non invecchia. Servire i giovani significa entrare con essi nell’orto degli ulivi, senza addormentarsi sulla loro solitudine, ma ascoltandone il respiro faticoso e sorvegliandone il sudore di sangue. Significa, soprattutto, essere certi che dopo i giorni dell’amarezza c’è un’alba di risurrezione.
Saremo capaci di essere una Chiesa così serva dei giovani, da investire tutto sulla fragilità dei sogni?

Non lasciamoci rubare la speranza e riscopriamo insieme ai nostri giovani la capacità di sorridere al domani e costruirlo un passo dopo l’altro.

AGESCI
Da un peso ad una gioia senza fine

Il Vangelo si testimonia nella gioia: è questa la caratteristica che fin dal titolo pervade tutta l’esortazione apostolica, perché l’“Evangelii Gaiidium” sottolinea ancora una volta la gioia dell’evangelizzazione che consiste nello sperimentale l’amore di Dio, il suo perdono, la sua tenerezza. L’evangelizzazione infatti è una proposta relazionale e nella complessità delle relazioni il comandamento nuovo è l’amore, ma vi è un’altra novità, la misericordia vista come apertura verso l’altro. Solo un rinnovato incontro personale con Gesù ci dà veramente la forza di far ciò che ci chiede Papa Francesco cioè il coraggio di uscire dal nostro modo di vivere alle volte troppo comodo e avaro ed aprirci ai poveri e nello specifico della nostra Associazione, ai bimbi meno fortunati, alle madri in difficoltà alle giovani donne sole per aiutarle a trasformare quello che a volte considerano un peso in una gioia senza fine. Troppo spesso però non riusciamo ad amare l’altro nel suo modo di essere, nella sua cultura ed è questo uno dei nostri peccati più gravi. Ma come dice San Francesco è proprio nelle difficoltà, nelle fatiche, nell’impotenza che à perfetta letizia.

Anna Albini
presidente del Centro Accoglienza Vita