Da sempre l’uomo percepisce la morte fisica come un accadimento estraneo e ostile al proprio essere, e da sempre tenta di combatterla e sconfiggerla. Evidentemente, senza successo. Ma a quanto pare, tanti non demordono dall’ardua impresa e, in alleanza con alcuni uomini di scienza (vera o presunta), continuano fiduciosi nella ricerca del “tallone d’Achille” della morte, per colpirla e batterla al momento opportuno. Dunque, lancia in resta e avanti tutta, alla ricerca dell’immortalità.
Certo, occorrono finanziamenti cospicui che invece oggi nella ricerca scarseggiano. E allora che si fa? Niente paura, si fanno avanti i ricchi. È il caso, ad esempio, di un imprenditore russo, al secolo Dmitry Itskov, co-fondatore della New Media Stars.
L’obiettivo è il raggiungimento di una “immortalità cibernetica”! E non mancherebbe nemmeno tanto tempo all’ambizioso progetto, accuratamente programmato per il 2045. Di che si tratta? L’obiettivo finale del progetto di Itskov è la creazione di un “avatar”, una sorta di “doppione robotico” nel quale trasferire la propria mente.
Siamo di fronte per la prima volta ad un progetto di stampo transumanista altamente organizzato. Vi risparmio i passaggi intermedi che porterebbero nel 2045, all’eliminazione di qualsivoglia tipo di fisicità, consentendo all’individuo di sopravvivere unicamente nella dimensione digitale e di manifestarsi all’occorrenza attraverso un ologramma che raffiguri le sue fattezze biologiche ormai scomparse. Ecco servita l’immortalità cibernetica. Certo, un’immortalità tanto costosa che solo pochissimi (straricchi appunto) potrebbero permettersela. Ironia a parte, la realizzazione di una prospettiva del genere, teoricamente futuribile, avrebbe dell’inquietante. Costretti a ridurre la nostra umanità sensibile quasi all’evanescenza, con un corpo digitalizzato e proiettato fuori di noi stessi; liberi da problemi di salute o fisici, ma non per questo più liberi dalla sofferenza morale conseguente ai mali che ogni giorno scegliamo. L’elenco delle conseguenze nefaste potrebbe andare avanti. Ma è davvero così desiderabile essere fisicamente immortali? Non basterebbe impegnarsi a migliorare la qualità della nostra vita, lottando contro le malattie e custodendo con più cura l’ambiente in cui viviamo, accettando serenamente i limiti della biologia? E se proprio aneliamo alla vita eterna, quella vera, non basterebbe forse solo “alzare” un po’ lo sguardo per trovarla, rimanendo pienamente umani?
Maurizio Calipari