Il 1799, mentre Napoleone è impegnato nella poco fortunata campagna d’Egitto, vede un generale moto di reazione antifrancese in tutta la penisola. Cadono tutte le repubbliche, tranne quella di Genova, difesa dal generale Massena.
La sollevazione
antifrancese
Mentre avanzavano le truppe austro russe del generale Suvorov, anche a Rimini ci fu una sollevazione di marinai e pescatori, che costrinsero le truppe francesi a riparare nel forte di San Leo.
Iniziarono per la città mesi difficili, perché i rivoltosi avrebbero voluto non solo cacciare gli stranieri, ma anche imporre un nuovo assetto nel governo della città, ricorrendo ad atti di violenza e a processi sommari contro quanti erano accusati di essere filo giacobini.
Il vescovo Ferretti, con l’aiuto del canonico Ottavio Zollio e dell’arciprete don Carlo Joli, più di una volta dovette intervenire per distogliere la folla da atti di violenza e infine riuscì a far accettare una magistratura provvisoria, che nominò una guardia urbana, formata anche da un folto gruppo di marinai.
Contemporaneamente sulla linea del cessate il fuoco gli scontri tra Francesi e Austriaci continuarono per tutto il 1800, tanto che il cronista di Santarcangelo Elia Gallavotti racconta che “i cangiamenti di governo erano così frequenti e improvvisati che ogni cittadino doveva stare ben guardingo nel sortire di casa per conoscere quale coccarda dovesse esporre”.
Convinto che le truppe austriache avrebbero ripristinato le antiche Legazioni e le avrebbero restituite al papa, il vescovo cercò di riportare disciplina e unità pastorale: ripropose di propria iniziativa il tribunale civile e criminale; cercò di requisire i raccolti dei poderi che erano stati venduti come beni nazionali; richiese a quanti avevano indebitamente acquistato i beni della chiesa di restituirli; intimò a quanti avevano giurato fedeltà alla repubblica Cisalpina di ritrattare.
Il ritorno
dei francesi
Uno dei primi a farlo fu proprio don Vitali, che con un volantino a stampa dichiarò di aver insegnato un errore “per difetto di intendimento e non di buona volontà” e chiese perdono a quanti aveva involontariamente scandalizzato.
Anche Pio VII (il cesenate Barnaba Chiaramonti), nominato papa dopo centoquattro giorni di un conclave che si era tenuto a Venezia, per beneficiare della protezione degli Austriaci, (dopo il trattato di Campoformio, infatti, il Veneto era stato ceduto all’Austria), aveva sperato di vedersi restituite le Legazioni, invece l’imperatore Francesco II lo costringe a raggiungere Roma senza passare attraverso la Romagna, ma andando a Pesaro via mare, per poi proseguire per Fano e Ancona (con una sosta al santuario di Loreto). Il papa rientra a Roma il 17 giugno del 1800; tre giorni prima le truppe di Napoleone avevano vinto gli eserciti austriaci nella battaglia di Marengo.
Infatti Napoleone tornato in Francia nell’ottobre del 1799, con il colpo di stato del 18 brumaio (9 novembre) aveva imposto una nuova costituzione e si era fatto nominare primo console, quindi aveva attraversato le Alpi per affrontare gli eserciti della seconda coalizione antifrancese.
Il 16 gennaio del 1801 Rimini viene riconsegnata definitivamente ai Francesi. Il mese dopo, la pace di Luneville restaurava lo Stato Pontificio, ma senza i territori delle Legazioni.
La stagione
dei concordati
A Lione viene convocata una consulta straordinaria, alla quale il vescovo Ferretti non partecipa per ragioni di età e di salute e invia in sua rappresentanza il canonico Zollio e il parroco don Gaetano Arducci. La consulta di Lione trasforma l’antica Repubblica Cisalpina in Repubblica italiana e, obtorto collo, ne affida la presidenza a Napoleone.
Nel luglio dello stesso anno (1801) Napoleone stipula un concordato con la Santa Sede: la chiesa riconosce la Repubblica francese; il cattolicesimo viene definito religione “della maggior parte dei francesi”; viene ridotto il numero dei vescovati, i cui titolari devono ricevere l’istituzione canonica dal papa, ma sono di nomina napoleonica; tutti gli ecclesiastici sono stipendiati dallo stato e sono obbligati ad essere fedeli al governo.
Per di più, al momento della promulgazione, Napoleone fa aggiungere una serie di articoli che affermano non solo l’autonomia, ma anche la supremazia dello stato sulla chiesa. Le proteste del papa cadono a vuoto.
Nel 1803 un analogo concordato viene stipulato con la Repubblica italiana: viene diminuito il numero delle diocesi; i vescovi sono nominati dal governo con riserva della istituzione canonica da parte del papa; il cattolicesimo viene riconosciuto “religione della repubblica”; è obbligatorio il giuramento di fedeltà nelle mani delle autorità civili; è dichiarata irrevocabile la vendita dei beni confiscati alla chiesa.
Dopo essersi fatto nominare nel 1802 Console a vita, nel 1804 Napoleone si fa conferire il titolo di imperatore dei Francesi. La cerimonia di incoronazione avviene a Notre Dame il 2 dicembre, alla presenza del papa.
L’anno successivo, nel duomo di Milano si pone sul capo la corona ferrea che lo consacra re d’Italia. In questa occasione il vescovo Ferretti non può esimersi dal partecipare, ma in qualità di vescovo decano ottiene da Napoleone di portare la cattedrale da San Giovanni Evangelista (sant’Agostino), dove era stata momentaneamente trasferita, al Tempio Malatestiano.
Sotto il Regno d’Italia Rimini vede abbattere gli alberi della libertà e ottiene che venga riaperto il seminario nella sede approntata dal vescovo Valenti. Ma, quando viene fatta un’integrazione del concordato, vede ridotto il numero delle parrocchie (da 22 a 6) e vede l’introduzione del nuovo Codice civile, che tra le altre cose riconosce legittimo il divorzio.
(18-continua)
Cinzia Montevecchi