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Dalla Pampa in Riviera

Continua il viaggio de il Ponte tra le comunità straniere sul nostro territorio. Dopo quella cinese e quella africana, in questo numero incontriamo quella argentina. Nel Riminese, i cittadini della repubblica sudamericana sono in tutto un centinaio. Molti di più, invece, quelli a San Marino, circa 700. Ed è proprio sul Titano che ha sede l’Associazione dei Residenti Argentini, da poco traslocata in un nuovo edificio più grande in zona La Ciarulla, a Serravalle. Hugo Gennari è uno dei responsabili. “Le nostre feste piacciono molto. Vengono più italiani e sammarinesi che argentini”. Otto anni di corsi di tango, canti folkloristici, cibo tipico e celebrazioni nazionali. C’è persino una piccola biblioteca in spagnolo. Tutto per conservare le tradizioni sudamericane, “per farle conoscere ai nostri figli, che sono venuti qui da bambini, e alla gente del posto”. C’è un stretto legame tra l’antica Repubblica e l’Argentina. “Sono tanti i sammarinese emigrati là, come mio nonno. Infatti sono arrivato con passaporto sammarinese”. La sua famiglia è scappata dalla bancarotta argentina del 2001. “Ci siamo visti sottrarre dallo Stato i risparmi di una vita. Fino al 2000 si viveva bene. Lavoravo alla Fiat di Cordoba, che poi è stata spostata in Brasile. Mi è stato proposto di trasferirmi alla Fiat di Torino, ma si guadagnava meno che fare l’imbianchino a San Marino. Quindi sono venuto qua e ho aperto la mia ditta di tinteggiatura. Ora l’ultima crisi mi ha costretto a chiudere anche questa esperienza”. Ha i geni del migrante, Hugo. Quelli che portano a rimettersi in gioco quando il contesto è ostile. “Se vedo che le cose continuano ad andare male anche qua, parto. Per ora si sta decisamente meglio qui che in Argentina. Tutti si lamentano, ma non sanno come se la passano in America Latina; dovevamo fare tutte le mattine colazione con la crisi”. Teme il peggio per il futuro prossimo del suo paese d’origine. I suoi connazionali sono quasi tutti rimasti, in pochi sono rimpatriati. “Si ritorna solo se si ha un’attività sicura che aspetta”. Spera di tornare presto a far visita ai familiari che non vede da 5 anni, ma l’aereo per 4 persone costa almeno 5mila euro.

Mariana, invece, è venuta con suo marito quand’era giovane, 25 anni fa, una delle prime famiglie di immigrati a Rimini. “Siamo venuti per curiosità. Chi è invece qui da 5 o 6 anni è venuto per motivi economici. C’è stata una grande ondata migratoria dopo la crisi economica del 2001”, anno il cui il Tesoro segnò il default. “Ora molti giovani vengono, ma non stanno molto. Tornano a casa, perché guadagnano poco e sono lontani dai cari. Possono trovare là le stesse condizioni”. Con il lavoro che manca, qual è il vantaggio di stare in Italia? “I servizi pubblici. Sanità e scuole qui sono molto più efficienti. E anche la sicurezza. L’università argentina è quasi gratuita, quindi super affollata, per emergere devi essere un genio. E per la salute devi sperare che non ti capiti nulla. C’è poi un problema di fondo: lo Stato argentino è troppo assistenzialista. C’è un forte sostegno al disoccupato, con assegni familiari, che grava sulle spalle del contribuente. È un contesto che non porta alla crescita e che ha innescato tensioni tra poveri: tra il disoccupato privilegiato e il povero lavoratore vessato dalle tasse”. Ma perché proprio Rimini? “È un caso, avevamo amici a Santarcangelo. Ci è piaciuta la città, è della dimensione giusta per crescere una famiglia e per il lavoro. E poi il mare attira chi come noi è cresciuto nella pampa argentina”. Non è stato facile fare breccia nei cuori della gente all’inizio. “L’integrazione non è facile, bisogna dimostrare molto agli italiani per vedere delle aperture. Dopo però magari, quando capiscono che persona sei, arrivano a darti le chiavi della macchina senza problemi. A me è andata bene e avere un negozio aiuta. Le cose sono migliorate con la scuola dei figli, dove si conoscono le famiglie dei compagni. Ma non è solo con noi che i riminesi sono diffidenti. Anche per il milanese che viene qua è la stessa storia. È normale che sia così: bisogna capire che se si va in un posto dove nessuno ha chiesto la tua presenza, bisogna accettare quello che c’è e conquistarsi il proprio posto”. La differenza tra i due popoli si sente a pelle. Mariana è molto calorosa. “Qui la gente tiene il muso. Gli argentini invece sono molto più fisici e allegri, ti abbracciano. Anche se c’è la crisi, andare in giro col muso non migliora le cose. Bisogna sempre sorridere agli altri”. La sua famiglia ha un negozio di abbigliamento, in centro. I figli vanno a scuola e “si sentono italiani, anche se in casa parliamo argentino. Noi adulti, anche dopo tanti anni, ci sentiamo ancora argentini. Ci accomuna una storia”.

Mirco Paganelli