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Dopo il coma c’è la vita

Tutto è cominciato con la lettura di un articolo: “Bologna, la Casa dei Risvegli compie 10 anni”. L’idea di raccontare la vita dei pazienti e delle famiglie che hanno vissuto e continuano a vivere l’esperienza della riabilitazione dal coma può diventare un modo per dare dignità a quelle vite che spesso rimangono nell’ombra dei corridoi degli ospedali e degli istituti riabilitativi?, mi sono chiesta. Alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris ci vanno i pazienti che dopo aver attraversato lo stato di coma evolvono in uno stato vegetativo di coscienza minima e hanno la possibilità di risvegliarsi. Ero scettica, lo ammetto, anche se mi veniva raccontata, in quell’articolo, una realtà all’avanguardia, dove i pazienti e le famiglie sperimentavano l’accoglienza, la professionalità; una realtà lontana dalla mia idea di “parcheggio” dei malati, di attesa della fine, qualsiasi fosse la fine.
Ma ricredersi è una bella esperienza. “Si, molto bene. Raccontiamo la Casa dei Risvegli” Fulvio De Nigris, il fondatore dell’istituto bolognese e direttore del Centro Studi per la ricerca sul coma, mi spedisce in quattro e quattr’otto il libro (Dal coma alla comunità scritto a quattro mani con Roberto Piperno) pubblicato per celebrare questi primi 10 anni di vita, in modo che possa farmi un’idea, e l’idea me la faccio e la cambio anche. Il dottor De Nigris e la moglie Maria Vaccari hanno perso il loro unico figlio, Luca, dopo un “incidente” in camera operatoria. È il 1997 e per 11 mesi Luca rimane nel silenzio. “Così siamo entrati in questo mondo. – racconta Maria Vaccari ad una trasmissione tv andata in onda su Trc Modena – 11 mesi ricchissimi di una esperienza di grande dolore, perché quando il tuo unico figlio rimane nel silenzio, perde la coscienza, anche tu, come genitore, puoi rimanere paralizzato, sentirti impotente. Per fortuna non è accaduto, sono accadute cose stupefacenti, abbiamo trovato la forza di rimanere con lui anche nel silenzio, e di aprire un dialogo”.
E alla Casa dei Risvegli di Bologna ci è stato anche Valdis Chiuchiolo un quarantatreenne di Bellaria dalla vita “complicatamente” piena. A prendersi cura di lui la zia Daniela Barberini, sorella della mamma di Valdis, “sono rimasta solo io. Dopo che la mia povera sorella è morta, di Valdis mi prendo cura io”.

Daniela, ci racconti allora la storia di Valdis…
“Lei ha molto tempo? Perché è una storia lunghissima, divisa in due momenti distinti che hanno segnato in modo diverso il corso della vita di mio nipote”.
Si, ho tempo.
“Valdis ha sempre avuto una passione smodata per le moto e per la velocità, correva e partecipava a gare. Nel 1995 dopo un Rally a Città di Castello ebbe un incidente, una macchina gli tagliò la strada. Un brutto incidente, nel quale ha perso una gamba. Ma si è ripreso. Imparò presto a convivere con la protesi e iniziò una seconda fase della sua vita”.
Poi cosa è successo?
“La sua passione per la corsa non si è fermata nemmeno davanti alla protesi. Così, nel 2012 ha avuto un altro brutto incidente, con un quad, alla rotonda del cimitero di Bordonchio. Ha fatto tutto da solo, il mezzo gli si è rovesciato addosso. Arrivò in ospedale a Rimini, con numerose fratture in diverse parti del corpo. Era molto grave, venne operato al gomito, e in sala operatoria c’è stata una complicazione, non gli è più arrivato ossigeno al cervello ed è caduto in uno stato di coma”.
Quanto tempo è stato in coma?
“Sei lunghissimi mesi. Sà <+cors>(mi dice con un misto di consapevolezza e rassegnazione, ndr)<+testo_band>, la malattia è una brutta bestia, è difficile da affrontare. Mi sono ritrovata sola, Valdis aveva solo me al mondo, altri parenti sono scappati via tutti”.
Al risveglio dal coma siete andati a Bologna, alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris.
“Si. È stata un’esperienza unica. Un posto bellissimo dove stanno bene i malati ma anche le loro famiglie. Mi era stata data una casa, io potevo tornare in un luogo che non era anonimo, un piccolo spazio dove potevo cucinare, vivere… e poi quella è una grande famiglia! Si condivide, con gli altri familiari, un periodo molto difficile, ci si fa forza… insomma, non ho che da parlar bene. Anche a livello medico: a Bologna Valdis ha fatto molti miglioramenti”.
Un’esperienza che si è conclusa, adesso dove si trova suo nipote?
“Si trova a Luce sul Mare, ma non si trova molto bene e nemmeno io sono molto contenta”.
Perché?
“Ho l’impressione che non venga curato nel modo opportuno. I medici mi avevano detto che per riprendere l’utilizzo di un braccio avrebbe dovuto fare due punture di botulino a settimana, ma la terapia non è mai stata fatta con questa frequenza. Non sono contenta delle attività che svolgono, del modo in cui se ne prendono cura nell’igiene personale: mi sembrano dei sacchi di patate abbandonati, senza che nessuno si prenda cura veramente di loro. E poi non vedo dei miglioramenti clinici in Valdis”.
Ma adesso mi dica qualcosa di lei, da dove arriva tutta questa forza?
“Io Valdis non lo abbandonerò mai. Io comunico con lui, con il labiale, con gli occhi, ci capiamo e ci teniamo uniti. Adesso ha dei problemi nel recupero dell’utilizzo di un braccio ma io mi batto per lui, parlo per lui, perché lui non può più farlo. Ho 63 anni, ho 2 figli e questa è la mia ultima «stagione» da cuoca in un hotel. Non lavorerò più, perché nel 2015 Valdis me lo voglio portare a casa con me”.

Angela De Rubeis

LUCE SUL MARE risponde alla signora Barberini
Dopo aver raccolto il malcontento della signora Barberini a proposito del trattamento che suo nipote Valdis Chiuchiolo riceve nella struttura Luce sul Mare abbiamo chiesto chiarimenti al presidente della Cooperativa che gestisce i servizi sanitari elargiti all’interno della struttura. Il dott. Massimo Marchini dopo averci gentilmente invitato ad andare a vedere e toccare con mano il modo in cui vengono trattati i pazienti ha voluto precisare che: “Mi rendo conto, umanamente, della sofferenza della signora Barberini. La malattia è difficile e a volte può essere doloroso non vedere dei risultati che invece in cuor nostro tutti ci aspetteremmo. Io posso solo dire che noi abbiamo ricevuto in carica dalla ex Azienda Sanitaria di Rimini il paziente secondo quanto previsto dalla DGR 2068/2004; ci atteniamo, per le terapie, i protocolli e le sedute riabilitative, a quanto è previsto dalla normativa di riferimento per tale tipologia di ricovero. Agiamo pertanto applicando sia in termini assistenziali che riabilitativi i parametri previsti dalla convenzione in essere; non siamo titolari del ricovero del paziente, ovvero non sta a noi decidere l’intensità della cura o dell’intervento riabilitativo, noi dobbiamo gestire al meglio la presa in carico richiesta, garantendo quanto necessario per l’igiene, l’assistenza, la riabilitazione migliore possibile, impegnandoci, qualora ci siano delle lacune, a migliorarne l’efficienza, tutto questo per rendere meno doloroso possibile il suo stato di degenza”. (adr)