Non è semplice offrire un censimento alla scala provinciale dei minori allontanati dalle proprie famiglie d’origine e della loro risistemazione. Educatori ed esperti del settore sentono l’esigenza di un monitoraggio e di un database più chiari. L’Università degli Studi di Bologna nella recente indagine Una casa speciale svolta su Rimini, ha dovuto bussare ad ogni struttura per conteggiare i giovani ospiti. Quanti sono dunque i minori senza famiglia della provincia di Rimini, che vivono in centri di accoglienza? E quanti sono stati affidati a nuove famiglie?
Nel 2012, in base ai dati più recenti di Provincia e Università, i primi erano circa un centinaio, distribuiti tra le varie comunità e case famiglia (nel 2008 per Sos Affido erano 131 più 25 collocati in strutture fuori provincia). Per gli affidi il dato è più certo: 155 nel 2012, di cui 52 minori rimasti con parenti (nel 2008 erano 121 secondo dati Ausl). Difficile, dunque, parlare di una netta predominanza di una soluzione sull’altra. Il trend nazionale vede 30 mila minori fuori famiglia (2.465 in Emilia-Romagna), con una lieve predominanza di quelli in comunità rispetto agli affidati.
L’allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare d’origine. Come spiega l’Ausl di Rimini a il Ponte, questa soluzione “rappresenta una misura estrema. Il Servizio Tutela Minori è impegnato in particolare a sostenere le famiglie in difficoltà, sebbene questa parte del lavoro non faccia notizia”. Per quanto riguarda i tempi di spending review, “si sta verificando negli ultimi anni un aumento delle situazioni di bisogno che, correlate con la contrazione di risorse pubbliche dal livello centrale, provoca una difficoltà a mantenere i livelli di protezione sociale”. La riorganizzazione nella Ausl unica per ora non sembra cambiare nulla: “La scelta dei Comuni di continuare a delegare o meno i servizi sociali all’Azienda USL non ha niente a che vedere con la nascita dell’Azienda USL della Romagna”.
I paradossi delle comunità. A leggere il Programma provinciale 2013-2014 a sostegno delle Politiche sociali, termini come “crisi economica” ed “incertezza” (di un contesto normativo ed istituzionale in continua ridefinizione) risuonano come minacce. Ad una programmazione pluriennale se ne è preferita una a breve termine. Per Roberto Vignali, coordinatore delle comunità educative per “Il Millepiedi” di Rimini è in atto un “paradosso” e la responsabilità è della Regione. “Dal punto di vista pedagogico, vorremmo accogliere meno ragazzi per ciascuna comunità in modo da creare un clima familiare. Allo stesso tempo la Regione chiede che vi sia un educatore ogni quattro ospiti senza obbligare gli enti locali a mantenere rette che permettano la sostenibilità di un tale personale. Questi puntano al ribasso. In pratica ci obbligano ad assumere molti educatori senza garantire il sostegno economico per poterlo fare. Per cui per essere sostenibili dobbiamo accogliere più minori”. In definitiva, “la legge non si è adeguata al bisogno della persona. Così si inverte la tendenza, tornando agli istituti popolosi”.
Il punto di vista delle case famiglia. Il sistema funziona bene sulla scala locale per Maria Rosaria Russo, responsabile delle case famiglia dell’Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII. “È in atto una buona collaborazione col privato sociale. L’allontanamento in struttura è un buon servizio. Viene favorito l’affidamento, ma lo riteniamo un bene, ed è persino incrementato di molto negli anni il sostegno ad esso”. La Comunità Papa Giovanni XIII ospita annualmente, nel riminese, una trentina di minori che permangono nelle strutture per i due anni stabiliti dalla direttiva regionale. Dopo di che “o rientrano nelle famiglie di origine, o si valuta l’affido, altrimenti possono protrarre la permanenza in casi speciali come disabilità, madri con bambino, ecc.”. E se diventano maggiorenni? “La tutela minori finisce, però noi continuiamo ad ospitarli finché non diventano autonomi. Non siamo rigidi in questo”.
Gli affidi. Sono progressivamente diminuiti nel triennio 2010-2012, passando da 168 a 155 (con 53 stranieri). I due terzi sono giudiziali, gli altri consensuali (in accordo con la famiglia d’origine). Le situazioni trattate – si legge nel programma provinciale – hanno richiesto che il minore vivesse stabilmente in famiglia: solo un 20 per cento degli affidi è a tempo parziale. La fascia più popolosa dei minori in affido va dai 6 ai 14 anni (98 minori), segue la fascia 15-18 (39) e quella 0-5 anni (18). La maggior parte dei ragazzi che hanno raggiunto la maggiore età è rimasta con la famiglia affidataria. Nel distretto di Riccione gli affidi presso i parenti sono più frequenti di quelli riminesi.
Mirco Paganelli