Quattro voci, quattro ugole ben armonizzate con in testa il falsetto incredibile di Frankie Valli: The Four Seasons furono uno dei gruppi di doo-woop più popolari negli anni ’60, artefici di grandi successi come “Sherry” e “Walk like a Man”, uno dei pochi gruppi Usa che riuscì a contrastare la british invasion dei Beatles. Ai “Jersey Boys” è dedicato il film di Clint Eastwood tratto dal musical teatrale che sta spopolando a Londra e a Broadway. Originariamente in mano a Jon Favreu, il progetto è passato all’esperto Clint (ricordate il bellissimo Bird?) che tratta la materia con ardore e convinzione. C’è l’indovinato ritratto d’epoca a far da preciso sfondo alla storia dei quattro ragazzi con una vita artistica da applausi e il “retropalco” agitato che portò negli anni ’70 allo split con Frankie Valli a continuare da solo, sorretto dall’abilità compositiva del tastierista Bob Gaudio. Una storia di musica per ragazzi di periferia, cresciuti nelle strade e tra i gangster (il boss Gyp interpretato da Christopher Walken) che trovano il nome giusto nella lampeggiante insegna di un locale e soprattutto “quel” sound che diventa l’inconfondibile marchio di fabbrica del quartetto.
Eastwood sceglie tre attori su quattro dallo spettacolo teatrale (l’unico extra è Vincent Piazza che interpreta Tommy DeVito, il membro più “scapestrato”) e John Lloyd Young (l’ugola di Valli) ha ricevuto il Tony Award come migliore interprete maschile. A Eastwood interessano molto pure le dinamiche umane, i rapporti con i personaggi di contorno e lo sguardo nostalgico, ma mai troppo celebrativo. Il regista appare in un simpatico cameo (in un televisore va una puntata del telefilm “Rawhide” con il giovane Clint in bianco e nero) e in un piccolo ruolo fa recitare la figlia Francesca.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani