Uno scherzo da prete! E non poteva non giocarcelo Chi è prete per eccellenza, il Sommo Sacerdote della nuova Alleanza: Cristo Gesù! Sembra che neppure Lui abbia potuto resistere al fascino di “trascinare” in qualche modo le anime a Dio Padre – diciamo – alla “don Camillo” con il “Peppone” che è in ciascuno di noi e nel suo popolo.
Può davvero dirsi “uno scherzo da prete” quello che il Signore ci gioca dopo la Consacrazione e l’Acclamazione dei fedeli (Annunciamo la tua morte, Signore…) durante la Preghiera Eucaristica (v. Catechesi, 67-68), ovvero al momento dell’Anamnesi e dell’Offerta. Ma andiamo per gradi.
L’Anamnesi (= Memoriale) è un elemento fondamentale della Preghiera Eucaristica ed inizia quasi sempre con le parole Celebrando il memoriale… a cui segue il ricordo degli eventi pasquali di Cristo (passione, morte, risurrezione e ascensione, OGMR, 79f). Come ormai sappiamo, il Memoriale (dall’ebraico zikkaron) non è tanto il ricordo di ciò che fece Cristo, quanto l’attualizzazione nell’oggi della sua offerta, in modo che essa sia continuamente presente nella Chiesa (OGMR, 72). Per questo comandò: «Fate questo in memoria di me».
Pertanto, quando il sacerdote prega Celebrando il memoriale… sta semplicemente dicendo: «Guarda Padre, stiamo facendo ciò che ci ha comandato di fare il tuo Figlio», “ricordando come presente” tutto ciò che Egli ha fatto per noi (è morto, disceso agli inferi, risorto e, seduto alla Sua destra, intercede per noi).
Il Memoriale degli eventi pasquali è tanto importante che la liturgia lo fa annunciare ancor prima ai fedeli, con il verbo al presente: «Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua resurrezione…».
L’Anamnesi è anche tra gli elementi più antichi della Preghiera Eucaristica e deriva “per direttissima” dalla berakà (= benedizione) ebraica, che esplicita sempre i motivi per cui si loda e si ringrazia il Signore.
Ma è proprio a questo punto che il Signore ci gioca uno “scherzo da prete”, perché obbedendo al suo comando, Egli ci “trascina” nel bel mezzo della sua Offerta al Padre e ci chiama ad offrire con Lui, anche noi stessi; in altre parole, a “dare tutto” e a “dire tutto il nostro sì a Dio”, in uno slancio d’amore oblativo non dico simile al suo, ma nel suo! (nello Spirito Santo). Un vero “scherzo da prete”, come precisa l’OGMR, parafrasando il Concilio: «Nel corso di questo stesso memoriale, la Chiesa, in modo particolare quella radunata in quel momento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo la vittima immacolata. La Chiesa desidera che i fedeli non solo offrano la vittima immacolata, ma imparino anche ad offrire se stessi e così portino a compimento ogni giorno di più, per mezzo di Cristo Mediatore, la loro unione con Dio e con i fratelli, perché finalmente Dio sia tutto in tutti», 79f; Sacrosanctum Concilium, 48; Lumen Gentium 11.
Ma come è possibile questo “trascinamento”?Potrebbe chiedere il “Peppone” che è in noi. Semplice: il battesimo ci ha resi “consanguinei” di Cristo, suoi fratelli, suo corpo, per cui le sue azioni, ora, sono anche le nostre, cioè della Chiesa, quindi: «la celebrazione eucaristica è azione non solo del Cristo, ma anche della Chiesa. […] E la Chiesa, sposa e ministro di Cristo, adempiendo con lui all’ufficio di sacerdote e vittima, lo offre al Padre e insieme offre tutta se stessa con lui» (Eucharisticum Mysterium, 3c).
Se è vero che solo il sacerdote può offrire l’oblazione di Cristo al Padre, altrettanto vero è che in quel Cristo c’è tutta la Chiesa che è suo Corpo e sua Sposa e che con Lui, in Lui e grazie a Lui può anch’essa donarsi al Padre. Un abbandono fiducioso, una consegna a Dio della nostra vita, di singoli e di popolo, perché ne faccia un capolavoro e uno strumento di riconciliazione dell’umanità con Lui e in se stessa, a gloria di Dio; proprio come preghiamo nell’Epiclesi di comunione (v. Catechesi, 65), che conclude l’Offerta: «Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo» (II Preghiera Eucaristica).
Amamnesi e Offerta dicono allora che la consacrazione non è solo questione di “presenza reale” di Cristo nel pane e nel vino, ma che essa è un’azione, qui e adesso, di Cristo con il suo Corpo, la Chiesa: l’offrirsi, il donarsi al Padre per la salvezza del mondo, come prega esplicitamente il celebrante: «In questo memoriale della nostra redenzione […] ti offriamo il suo corpo e il suo sangue, sacrificio a te gradito, per la salvezza del mondo» (IV Preghiera Eucaristica).
La conseguenzaè enorme: i frutti di questa Offerta raggiungono gli assenti, i cosiddetti “lontani” e pure i defunti, perché come tutta l’umanità era presente nell’animo di Cristo innalzato sulla croce, così infatti lo è in ogni Eucaristia.
La conseguenza è sconvolgente e liberante: la vita di ogni cristiano non è più sua, ma di Dio (1Cor 3,23; 6,19). L’Eucaristia rompe le catene della logica “la vita è mia e la gestisco io”; a me, a noi, invece, il coraggio di essere “trascinati”, in ogni Eucaristia, nell’Offerta di Cristo al Padre: e questo non è certamente uno scherzo!
Elisabetta Casadei
* Le catechesi sono raccolte nel volume: E. Casadei, “Tutto (o quasi) sulla Messa”, Effatà 2014