Non era una piazza contro, né radunata per interessi di parte. Sabato 10 maggio a Roma, convocati dai Vescovi italiani intorno al Papa, erano in 300.000 a rappresentare il mondo della scuola pubblica italiana: studenti, insegnanti, genitori. Insieme, statale e paritaria. Qualcuno finalmente ha ritenuto che fosse ora di smettere con un’assurda contrapposizione, quasi fosse una una guerra, che poi sarebbe una guerra tra poveri. Del resto tutti sappiamo e siamo ben coscienti, che se chiudessero di colpo tutte le paritarie in Italia, si produrrebbe una crisi del sistema e un danno economico enorme. Oggi non è più tempo di divisioni, la crisi è talmente grave che unirsi è perlomeno una necessità.
Del resto continuare a parlar, in ambito cattolico, solo dei giusti diritti e delle difficoltà della scuola paritaria aveva fatto dimenticare a troppi che la gran parte dei nostri giovani delle parrocchie e associazioni, cresce e si forma nella scuola pubblica, che va ugualmente tutelata e difesa, nell’attuale situazione di difficoltà, soprattutto in questo momento di crisi e di risorse limitate.
Sabato 10 maggio la Chiesa italiana si è fatta interprete, proprio perché da sempre impegnata in prima linea sul tema dell’educazione, della necessità di mettere mano all’attuale situazione e con questa grande iniziativa ha voluto rimettere la scuola al centro dell’opinione pubblica e del dibattito politico, anche se qualche media laico ha volutamente ignorato i 300.000, forse perché troppo cattolici, educati e festanti rispetto all’immagine massificata che si continua a dare dei giovani, quasi fossero tutti Genny ’a Carogna, che poi tanto giovane non è.
Investire nella scuola è investire nel futuro. Se non siamo capaci di guardare oltre al nostro naso o a sollevare un po’ gli occhi aldilà delle difficoltà, proporremo per i nostri figli un mondo da servi o disperati. Da tempo sentiamo affermare che la formazione è la prima risorsa di un Paese. È giunto il tempo di dare gambe alle parole. Come ha scritto mons. Pompili, vice segretario della Cei: “La Chiesa non ha battuto cassa, ma ha battuto un pugno per dire che la scuola è bene di tutti e rappresenta una sfida decisiva per una società che non vuole invecchiare. Se si mostra poca passione per la scuola, si ha poca passione per l’uomo”.
Solo quando le persone sono criticamente formate e hanno acquisito le necessarie competenze, si può sperare nello sviluppo. Diversamente, è impossibile pensare ad un vero rinascimento. Questo Renzi lo sa e l’ha già detto. I 300.000 di Roma aspettano che adesso lo faccia.
Giovanni Tonelli