Il ciclone abbattutosi sulla pista del “Fellini” arriva fino a Roma. Destinazione: viale Castro Pretorio 118, dove ha sede l’Ente Nazionale di Aviazione Civile (Enac). L’inchiesta avviata dalla Guardia di Finanza sul fallimento di Aeradria vede infatti tra gli indagati anche quattro vertici di Enac, a cominciare dal presidente dell’Ente, Vito Riggio. L’accusa rivolta a Riggio e ad altri tre membri del CdA (Roberto Sorrentino, che tra l’altro era anche membro del collegio sindacale di Aeradria, Andrea Corte e Lucio D’Alessandro) è di concorso in bancarotta fraudolenta. Quattro indagati “eccellenti” che vanno così ad aggiungersi alla “lista nera” su cui sta lavorando il Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle.
Diverse le ipotesi di reato. Le accuse sono: bancarotta fraudolenta per l’ex presidente di Aeradria Massimo Masini, tutti gli altri membri del CdA e quattro membri dell’assemblea dei soci; stessa ipotesi per gli amministratori delle due società collegate ad Aeradria, Air e RdR; ipotesi di ricorso abusivo al credito per un funzionario responsabile fidi della Cassa di Risparmio di Rimini per prestiti connessi alla società senza le dovute garanzie; il presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali e il suo predecessore Ferdinando Fabbri, l’attuale sindaco di Rimini Andrea Gnassi, il primo cittadino che lo ha preceduto, Alberto Ravaioli (in rappresentanza degli enti pubblici di maggioranza di Aeradria) sarebbero invece colpevoli di aver firmato lettere di patronage per garanzie bancarie per ulteriori finanziamenti alla società già in serie difficoltà economiche, giudicate dagli inquirenti troppo “leggere”. Sempre Roberto Sorrentino, responsabile per Enac di certificazioni e vigilanza, che allo stesso tempo faceva parte del collegio sindacale di Aeradria (un controllore-controllato, in sostanza) è indagato per corruzione: avrebbe firmato, secondo l’accusa, un paio di consulenze pro Aeradria a quanto pare a peso d’oro: sarebbe stato pagato da Aeradria 70 mila euro.
Dieci anni di amministrazione scellerata. In attesa del verdetto dei giudici emerge un quadro impietoso dove si è continuato a chiedere soldi a banche e cittadini (Aeradria è società a partecipazione pubblica) fino ad arrivare ad un buco superiore a 50 milioni di euro. Ma, soprattutto – e qui sta forse il risvolto più grave della vicenda – chi doveva controllare non l’ha fatto come avrebbe dovuto. Qui sta il coinvolgimento nell’inchiesta dell’Ente Nazionale di Aviazione Civile (che ha confermato le perquisizioni della GdF e la notifica degli avvisi di garanzia pur dichiarandosi estraneo alle accuse). Per gli investigatori, in quanto ente preposto al controllo contabile e strutturale dello scalo Enac non avrebbe vigilato adeguatamente sugli “orrori” che Aeradria stava commettendo. Come possibile? Il presidente (Riggio) aveva nominato il proprio rappresentante nel CdA di Aeradria con il compito di riferire. O l’incaricato in questione non ha riferito o i vertici hanno fatto finta di niente. La magistratura vorrà vedere chi ha omesso di operare correttamente.
Il ricorso. In attesa che venga fatta chiarezza, la Corte d’Appello di Bologna, l’11 aprile corso, ha confermato il fallimento rigettando il doppio ricorso presentato dai 51 creditori e da Aeradria. Per la Corte d’Appello un piano di concordato retto principalmente sulla conversione dei crediti in azioni, non sarebbe stato in piedi. Mancava chiarezza sui reali debiti della società e sui legami con le società satellite a loro volta fallite (Air e RdR appunto). I principali creditori però (Carim in testa) non si danno per vinti e annunciano la prossima rotta: la Corte di Cassazione. L’ultima speranza per non vedere in fumo i soldi che spettano (Carim tra l’altro non è stata ammessa dal curatore fallimentare di Aeradria, Renato Santini, neppure tra i creditori da ammettere al pagamento).
Il bando. Nello stesso giorno in cui arrivava la notizia dell’iscrizione al registro degli indagati dei vertici Enac, l’Ente pubblicava sul suo sito il bando europeo per la concessione trentennale del “Fellini”. Bastano tre milioni di euro per aggiudicarsi lo scalo di Rimini-San Marino. L’offerta non potrà superare i 6 milioni e 654mila euro. Buste entro il 9 giugno.
Alessandra Leardini